Chernobyl due volte violata: ora la zona è tutta minata
CLA CENTRALE è STATA OCCUPATA SIN DALL’INIZIO DELLA GUERRA IN UCRAINA E SONO STATE SCAVATE ANCHE TRINCEE
iò che avvenne quella notte torna alla mente ogni anno: all’ 1.23 del 26 aprile 1986 un test di sicurezza sfuggito al controllo degli operatori di turno nella centrale nucleare di Chernobyl – allora nell’Ucraina sovietica – provocò la fusione del reattore della quarta unità, trasformata in un vulcano radioattivo. Grafite al posto della lava. Una catena di errori umani, manovre sbagliate, violazioni delle regole di sicurezza sommate a difetti di progettazione scatenò l’incidente più devastante nella storia dell’energia nucleare. Ma forse nessuno avrebbe mai immaginato che, mentre nella centrale e nella zona proibita che la circonda, l’uomo aveva iniziato a gestire le conseguenze di quella notte, su Chernobyl si sarebbe abbattuta una seconda catastrofe.
Mai era avvenuto che una centrale nucleare si trovasse in guerra. Che venisse occupata da truppe nemiche. Arrivarono il primo giorno dell’invasione, dal confine con la Bielorussia: 5.000 veicoli militari russi entrarono nella zona proibita che circonda la centrale per un raggio di 30 km. L’occupazione di poco più di un mese lasciò mine e scavò trincee in una terra radioattiva, due volte violata. Per Chernobyl e per la città abbandonata di Pripyat, che un tempo ospitava i lavoratori della centrale, è una seconda condanna.
« Prima della guerra la zona proibita era rimasta viva, paradossalmente – racconta Pierpaolo Mittica, fotografo e videomaker che ha consacrato a Chernobyl gran parte del suo lavoro ( www. pierpaolomittica. com) -. C’erano i lavoratori impegnati nel mantenimento in sicurezza dei reattori spenti della centrale, i militari della Guardia nazionale, gli addetti ai servizi: bar, uffici, mense, mercatino. Si era sviluppata anche una forma di turismo. Ma ora, con la guerra, Chernobyl è davvero zona di esclusione: entrano solo le persone necessarie a portare avanti la quotidianità, e basta » .
Chernobyl, l’ultimo libro di Mittica in uscita dall’editore inglese Gost Books, trasmette racconti e immagini raccolti tra il 2014 e il 2019: è dunque una testimonianza di storie che non ci saranno più. Ciò che era Chernobyl prima e dopo lo scoppio del reattore, dentro e fuori la zona proibita. Storie molto particolari, come quella degli ebrei chassidici che tornavano ogni anno qui, dove era nato il loro fondatore, in pellegrinaggio.
La guerra ha azzerato anche il turismo che si era sviluppato attorno alla centrale: dopo il 2017, quando venne completato l’arco d’acciaio che ora fa da scudo al sarcofago in cemento costruito in tutta fretta sopra il reattore n. 4, Chernobyl era entrata in una nuova fase. L’arco permette lo smantellamento in sicurezza del “mostro” rimasto all’interno, 200 tonnellate di materiale radioattivo: ma il lungo percorso ora è rallentato, anche per la mancanza di finanziamenti.
Nel futuro che si cercava di dare comunque a questa terra rientrava anche il lavoro di ricercatori e naturalisti, impegnati a studiare una “riserva” unica: violata dalla radioattività ma lasciata libera dalla presenza umana. Condizioni in cui si studiava la capacità della natura di adattarsi e provare a guarire.
Anche un futuro come questo ora appare negato. « La zona è quasi interamente minata » , spiega Pierpaolo Mittica. Mine collocate dagli ucraini al confine con la Bielorussia per impedire un nuovo attacco, mine lasciate dai russi intorno alla centrale: « Per questo ora è impossibile entrare e sarà così anche in futuro, perché a nessuno interessa andare a sminare una zona contaminata. Il lavoro dei ricercatori che entravano per raccogliere campioni sarà rallentato o vanificato » .
Un altro dramma moltiplicato dalla guerra è quello degli anziani che si erano rifiutati di lasciare le proprie case, senza temere una radioattività che difficilmente sarebbe stata abbastanza veloce per loro. « Sono sempre meno – racconta Mittica -. Vivere nella zona di esclusione è diventato troppo complicato: anche raccogliere funghi o bacche è impossibile, in un bosco minato. Prima un funzionario passava una volta alla settimana a controllare che tutto fosse a posto. Un furgone faceva il giro dei villaggi per vendere beni di prima necessità. Ora quei pochi collegamenti con l’esterno non esistono più. Pochi anziani resistono: sono totalmente isolati. Lasciati a se stessi » .