Mantenere l’attività in Italia
Sul diritto internazionale privato norma in contrasto con i principi del Trattato
Anche se la vicenda oggetto della sentenza C- 276/ 2022 ( si veda l’articolo a sinistra) risale al 2010, il giudizio della Corte Ue è ancora attuale perché riguarda una disposizione – l’articolo 25, commi 1 e 2, della legge 218/ 1995 – ancora vigente nonostante la riforma del regime civilistico delle operazioni societarie internazionali ( Dlgs 19/ 2023 di recepimento della direttiva 2019/ 2121/ UE). La direttiva ha armonizzato la materia, dato che la Corte Ue è stata più volte chiamata a giudicare sulla conformità del diritto privato internazionale di diversi Stati membri con il principio di libertà di stabilimento.
Le principali sentenze sugli effetti dei trasferimenti di sede sono quelle nei casi Cartesio ( causa C210/ 06); Vale ( causa C- 378/ 10) e Polbud ( causa C- 106/ 16) i cui esiti sono sintetizzati nella circolare Assonime 16/ 2023, nel senso che:
il trasferimento di sede legale è il mezzo per cambiare legge applicabile in continuità giuridica, anche senza il trasferimento della sede effettiva né di alcuna attività economica; sotto questo aspetto, il nuovo articolo articollo 2510bis del Codice civile stabilisce che il trasferimento della sede statutaria implica il mutamento di legge applicabile;
è anche possibile trasferire la sede ( effettiva) senza mutamento della lex societatis. Le società, cioè, possono trasferire la loro sede in un altro Stato, mantenendo la legge regolatrice dello Stato di partenza; il trasferimento di sede senza mutamento della legge regolatrice non è però realizzabile quando lo Stato di partenza adotta il criterio della sede effettiva o reale; ne consegue che lo Stato di costituzione non può impedire il trasferimento della sede effettiva di una società, ma può prevedere che tale trasferimento determini la perdita della nazionalità della società.
In questo contesto, i commi 1 e 2 dell’articolo 25 del Dlgs 218/ 1995 presentano aspetti di criticità in quanto prevedono che, se la società ha la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale in Italia resta assoggettata alla legge italiana. Nel caso in cui, quindi, una società italiana intenda trasferire la sede legale all’estero, assoggettandosi alla legge dello Stato di destinazione, ma mantenendo in Italia la sede dell’amministrazione o l’oggetto dell’attività, il trasferimento non è impedito dalla legge italiana, ma la società resta soggetta sia alla legge dello Stato di destinazione sia alla legge italiana. Una norma che pare in contrasto soprattutto con la sentenza Polbud che è esplicita nel senso che il diritto di mutare ordinamento giuridico in continuità giuridico- soggettiva, è protetto dalla libertà di stabilimento anche laddove la società trasferisca la sola sede legale, ma non la sede effettiva. La Cassazione ( ordinanza 11600/ 2022) ha quindi sollevato la questione pregiudiziale presso la Corte di giustizia che ha dato origine alla sentenza in commento. La Corte Ue dichiara la norma nazionale illegittima nella misura in cui eccede – parrebbe per la sua genericità – quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di tutela degli interessi dei creditori, dei lavoratori e dei soci di minoranza che figurano tra i motivi imperativi d’interesse generale che potrebbero giustificare una restrizione della libertà di stabilimento.