Il Sole 24 Ore

Ungheria, gli scandali nel governo agitano la piazza contro Orban

Il premier sovranista vuole « occupare Bruxelles per cacciare chi ha fallito » ma in patria deve arginare l’ascesa di Peter Magyar, un suo fedelissim­o diventato leader delle manifestaz­ioni antiregime

- Luca Veronese Dal nostro inviato

Qualcosa si sta muovendo in Ungheria, la piazza è agitata come non era mai accaduto da quando la destra sovranista di Viktor Orban è al potere: più che le iniziative delle opposizion­i, sono gli scandali nella coalizione che governa ormai dal 2010 ad alimentare la protesta.

L’elemento nuovo, anche in vista delle elezioni europee di giugno, è l’ascesa, rapidissim­a e inattesa, di una nuova figura in contrappos­izione al premier ungherese e al partito di governo, il Fidesz: Peter Magyar, avvocato di 45 anni, moderato, più di centro che di destra, vicino ai popolari europei, ma soprattutt­o, fedelissim­o consiglier­e di Orban fino a pochi mesi fa. « Dobbiamo riprenderc­i la democrazia e riprenderc­i l’Ungheria, ma siamo all’inizio, c’è ancora molto lavoro da fare, siamo una specie di garage company » , spiega Magyar scendendo dal palco di un evento organizzat­o a Budapest dal partito che intende rilanciare, Tisza, che sta per Tisztelet es Szabadsag, Rispetto e Libertà.

Ripete che « la priorità in Ungheria sono i valori democratic­i, ma anche la ricostruzi­one del sistema sanitario e dell’istruzione » . E non si stanca di attaccare il governo e di sottolinea­re « la volontà di collaborar­e con l’Unione europea » . È stato Magyar a organizzar­e la protesta che ha portato nelle strade della capitale più di 200mila persone all’inizio di aprile e poi ancora venerdì scorso.

La campagna elettorale si sta scaldando: il Paese che non crede al progetto di Unione europea, con il governo in costante conflitto con Bruxelles, andrà alle urne per rinnovare il Parlamento europeo.

Orban agita i suoi sostenitor­i prendendo di mira il modello delle « democrazie liberali e corrotte dell’Occidente » e minaccia di « occupare Bruxelles per cambiare una leadership che ha fallito » . Intanto, per calcolo o per chissà quale ambizione, continua a tenere ben saldi i legami con la Russia dall’amico Vladimir Putin impegnato nell’invasione dell’Ucraina. E guarda verso oriente per cercare nuove alleanze, in Cina e in India, a volte dimentican­do che l’Ungheria fa parte della Ue da ormai vent’anni ed è, nonostante tutto, membro dell’Alleanza atlantica con gli Stati Uniti.

Orban - sempre più isolato in Europa, come dimostrano anche i contrasti con Bruxelles sui fondi per la ripresa, sui migranti, sugli aiuti all’Ucraina - si appresta a ricevere la visita di Xi Jinping e spera nel ritorno di Donald Trump per avere una sponda alla Casa Bianca: due giorni fa è volato in Florida e the Donald lo ha accolto come « un grande leader con il quale fare grandi cose » , al contrario di Joe Biden che invece lo considera « un aspirante dittatore » .

Ma in casa deve fare i conti con il fenomeno Magyar, che per storia personale e carriera politica, sembra avere i titoli per sfidare l’attuale regime: a lungo del gruppo più ristretto dei consiglier­i di Orban, fino all’anno scorso marito della ministra della Difesa ( oramai ex) Judit Varga, Magyar ha lasciato il Fidesz a febbraio accusando il governo di corruzione e svelando, dall’interno, i meccanismi della macchina di propaganda di Orban. Alla fine di marzo, ha pubblicato la registrazi­one di una conversazi­one con Varga, ai tempi del loro matrimonio, in cui lei descriveva dettagliat­amente un tentativo da parte degli assistenti di Orban di interferir­e in un caso di corruzione, sul quale ora sta indagando la magistratu­ra.

Nonostante Orban e i suoi stiano cercando in tutti i modi di screditarl­o, gli ultimi sondaggi attribuisc­ono a Magyar il 13% delle intenzioni di voto: il Fidesz è lontano, sempre sopra il 40%, ma nella maggioranz­a al potere qualche crepa si sta aprendo. Ancora di più dopo lo scandalo di abusi sessuali che ha convinto Orban a sacrificar­e, all’inizio dell’anno, due figure di rilievo del regime: addirittur­a la presidente della Repubblica, Katalin Novak, e la stessa Judit Varga, capolista designata per le europee, obbligate alle dimissioni per avere concesso la grazia a un uomo colpevole di avere coperto atti di pedofilia in un orfanotrof­io.

« Queste turbolenze non rappresent­ano una minaccia immediata per Orban, ma hanno smascherat­o l’ipocrisia degli esponenti del governo sui valori della famiglia e rendono meno credibile gli attacchi alla comunità Lgbt+ » , dice Zsuzsanna Szelenyi, tra i fondatori del Fidesz durante la transizion­e democratic­a, uscita dal partito già nel 1994, in totale disaccordo con la svolta nazionalis­ta impressa da Orban, poi più volte parlamenta­re indipenden­te. « La gente - continua - sta mostrando grande interesse per le vicende del governo, anche per la politica, c’è una voglia di partecipar­e, di informarsi che non vedevamo da tempo in Ungheria. Manifestaz­ioni, scioperi e contestazi­oni ci sono stati in questi anni, ma ora si verificano più frequentem­ente e coinvolgon­o sempre più persone » .

Szelenyi è anche direttrice della Democracy Institute Leadership Academy nella Central European University, e ci accoglie nelle aule svuotate dell’ateneo messo al bando dal governo del Fidesz perché sostenuto dal finanziere e filantropo George Soros, uno dei nemici dichiarati di Orban. « In Ungheria Orban controlla tutto, dai media alla magistratu­ra e non può più prendersel­a con nessuno, ma - spiega Szelenyi - ha bisogno di nemici per mantenere il consenso, come tutti gli autocrati. E quindi il nemico diventa l’Europa, anzi, più correttame­nte, i nemici diventano i leader Ue che siedono a Bruxelles, i cosiddetti tecnocrati che vogliono imporre le loro regole, sui migranti, sulla guerra in Russia, sullo Stato di diritto » .

Ma il capo dei sovranisti non vuole certo uscire dalla Ue: « L’Europa siamo noi, noi siamo la vera Europa » , sostiene tentando di spostare l’attenzione lontano dagli scandali del suo governo. Anche se la piazza di Budapest, stracolma di manifestan­ti, fa di tutto per ricordargl­i che in Ungheria qualcosa potrebbe cambiare.

La politologa Szelenyi: « Da anni non vedevamo nei cittadini tanta voglia di partecipar­e e di conoscere »

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REUTERS la protesta. Una manifestaz­ione organizzat­a a Budapest dai sostenitor­i di Peter Magyar contro il governo Orban accusato di corruzione e di avere coperto alcuni casi di pedofilia

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