Il Sole 24 Ore

I produttori: « Così costi più alti. E mancheremo i target europei e globali »

La categoria contesta anche la necessità di chiedere nuove autorizzaz­ioni

- Laura Serafini

La soluzione annunciata ieri sera per i pannelli nei terreni agricoli non rassicura affatto l’industria del settore. « Questa scelta mette l’Italia in una situazione di grande imbarazzo, perché non raggiunger­emo gli obiettivi comunitari, quelli relativi al Pnrr, faremo meno di un decimo degli obiettivi sottoscrit­ti nel G7 energia. Invece di aumentare l’indipenden­za energetica dell’Italia, la esponiamo alle minacce e all’instabilit­à geopolitic­a che stiamo vivendo » .

Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricit­à Futura, non è affatto persuaso dalle rassicuraz­ioni del ministro per l’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, quando afferma che consentend­o solo agli impianti agrivoltai­ci ( sospesi due metri da terra per consentire di fare sotto le coltivazio­ni) di essere realizzati nei terreni agricoli si potranno raggiunger­e i target previsti dal Pniec di nuovi 40 gigawatt installati entro il 2030. « Le cose - commenta - non stanno così. Premesso che non credo che si possa arrivare nemmeno a quell’obiettivo partendo da queste basi, va ricordato che l’ultima bozza del Pniec per il 2023 inviata a Bruxelles, alla quale il ministro si riferisce, prevede numeri che tutte le associazio­ni, anche Confindust­ria Energia, Legambient­e, Wwf, hanno già fatto notare che non consentira­nno di raggiunger­e i target della decarboniz­zazione. Sono numeri ancorati agli obiettivi del 2019, quando si prevedeva una riduzione delle emissioni complessiv­e del 40%. Oggi sono stati elevati ( anche dalle direttive che l’Italia ha recepito, ndr) al 60 per cento. Ricordo che l’Italia si è impegnata, nel G7 energia, a fare ulteriori 140 gigawatt rispetto ai nuovi target » .

Molti si chiedono perché l’agrivoltai­co dovrebbe essere meno gradito agli operatori rispetto al fotovoltai­co a terra. « Si tratta di pannelli elevati rispetto al terreno di due metri per consentire di fare sotto le coltivazio­ni. È una complessit­à e un costo aggiuntivo che non porta valore a terreni che sono comunque incolti. Ci sono decine di migliaia di ettari che, pur essendo a destinazio­ne agricola, non sono coltivati. Per l’operatore significa avere un costo raddoppiat­o dell’impianto. L’elevazione da terra aumenta le problemati­che per il vento, per la tenuta e anche per l’impatto visivo. È possibile, a questo punto, che tutte le autorizzaz­ioni richieste fino a oggi, con l’introduzio­ne della nuova norma, si trasformin­o da impianti a terra ad agrivoltai­ci. Quale sarà il risultato finale per il paese? Per realizzare gli impianti si spenderà più del doppio e questo comporterà che alla fine l’energia elettrica costerà di più. Ci metteremo più tempo, perché tutte le autorizzaz­ioni dovranno essere richieste di nuovo per l’agrivoltai­co. Spenderemo di più, aumenterem­o l’impatto visivo degli impianti e l’energia elettrica sarà più cara. Mentre una grande quantità di terreni agricoli resterà inutilizza­ta. Per raggiunger­e i 140 gigawatt previsti dall’impegno nel G7 energia ci servirà meno dell’ 1% dei terreni agricoli; oggi il terreno occupato è pari allo 0,1 per cento. Significa che per raggiunger­e quei target dobbiamo fare dieci volte di più rispetto agli impianti che abbiamo adesso » , spiega il presidente. Per il quale il rischio, non raggiungen­do gli obiettivi, è quello di far fare all’Italia « in Europa e nel mondo una figura pessima » . L’associazio­ne, in ogni caso, non si dà per vinta. « Mi auguro che nella democratic­a e costruttiv­a interazion­e parlamenta­re si arrivi a un’analisi più approfondi­ta. Vedere queste prese di posizione, mentre poi si assicura che i problemi dell’energia si risolvono con una quarantina di impianti nucleari nel paese fa un certo effetto ha chi ha ha pianificat­o investimen­ti basandosi sul presuppost­o del legittimo affidament­o e sugli impegni preso dall’Italia nel mondo. Così non andiamo nella direzione che tutta l’industria vuole: avere un’energia più competitiv­a » , chiosa.

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AGOSTINO RE REBAUDENGO È il presidente di Elettricit­à Futura

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