Nella « Modiland » , dove l’industria non porta sviluppo sociale
India al voto. Nel Gujarat, Stato governato dal premier per 12 anni, nonostante gli investimenti esteri rimane una profonda arretratezza
In lontananza si scorgono le sagome delle centrali che dovranno fornire acqua ed energia alle fabbriche che verranno. Sotto i nostri piedi c’è la terra spaccata dal sole di uno dei luoghi più inospitali dell’India. Alle nostre spalle un villaggio in cui i bambini raccolgono arbusti secchi con cui accendere il fuoco.
Se c’è un posto che incarna le ambizioni smodate e visionarie del Gujarat – uno degli Stati più ricchi, business friendly e arretrati dell’India – è questa pianura semidesertica a due ore da Ahmedabad. È qui che sorgerà lo stabilimento da 11 miliardi di dollari dove Tata Electronics e la taiwanese Psmc produrranno microchip. Il progetto, finanziato al 70% con denaro pubblico, fa parte di un ambizioso – e costoso – piano per accorciare le catene del valore e ridurre la dipendenza dall’estero nelle forniture strategiche.
Dholera è anche esemplificativa della politica industriale di uno Stato che da decenni ormai predilige gli investimenti in infrastrutture fisiche ( nel masterplan c’è anche un aeroporto internazionale) a discapito di quelle sociali. « A livello di Pil – spiega Atman Shah del St. Xavier’s College di Ahmedabad – il Gujarat è nella top five degli Stati indiani » . Non solo, strade e porti sono l’invidia del resto del Paese. Il problema sono una serie di indicatori di sviluppo che sarebbero preoccupanti anche in uno Stato molto meno ricco di questo.
« Su 32mila scuole primarie statali, ben 1.606 hanno un solo insegnante per i bambini dalla classe prima alla ottava » , spiega Shah. In tutto lo Stato, i posti vacanti, solo a livello di primarie, sono 19mila. In aperta violazione
‘ Le previsioni dicono che anche questa volta il primo ministro dovrebbe fare il pieno di consensi
della National Education Policy, che raccomanda una spesa del 6% del Pil per la scuola, il Gujarat investe nel futuro dei suoi cittadini più giovani meno del 3 per cento. A pagarne il prezzo sono i più poveri e le donne in particolare: il tasso di analfabetismo di quelle appartenenti alle comunità tribali è al 53%; tra le ledalit, dalit, un tempo si sarebbe detto intoccabili, sfiora il 70 per cento. E non è tutto. I dati sulla malnutrizione infantile sono spaventosi: nel 2021 il 40% dei bambini con meno di 5 anni era sottopeso (+ 1% rispetto al 2016).
Oggi quasi 50 milioni di Gujarati avranno la possibilità di andare alle urne, nel terzo di sette turni per eleggere il prossimo Parlamento, e dire cosa pensano di tutto questo. Su chi, da queste parti, rappresenti l’establishment ci sono pochi dubbi: prima di fare il primo ministro per dieci anni, Narendra Modi ha governato questo Stato per 12. Alle scorse politiche, il suo Bjp ha conquistato 26 seggi su 26. E oggi – nonostante le criticità di un modello di sviluppo in cui le risorse destinate all’industria non “sgocciolano” verso vasti strati della popolazione – sono in pochi a immaginare colpi di scena. L’unico brivido potrebbe regalarlo l’autogol di un leader del Bjp che un mese fa, per sedurre un uditorio di dalit, ha offeso i membri della casta dominante dei Rajput che hanno promesso di vendicarsi.
« Il carisma di Modi – spiega Safwan Amir dell’Ahmedabad University – funziona anche se lui non è più fisicamente qui in Gujarat. La sua faccia è ovunque, la voce passa alla radio con regolarità. Nel vocabolario quotidiano la parola “Modi” è molto presente. Quando arrivi ad Ahmedabad c’è chi ti accoglie con un “Welcome to Modiland” » . A tutto questo si aggiunge la macchina elettorale del Bjp, un partito radicato sul territorio, influente sui media tradizionali e con una formidabile capacità di usare i social. Non solo con veri e propri eserciti di troll, ma anche assoldando giovani influencer ( la fashionista, la mamma, la viaggiatrice...) per fare propaganda su Instagram: ad Ahmedabad 2 reel filo- governativi da postare rigorosamente il 4 e 5 maggio erano pagati 1.800 rupie, 20 euro.
Senza contare che in India le battaglie elettorali si combattono senza esclusione di colpi. Proprio qui in Gujarat, alcuni giorni fa, il Bjp ha vinto un seggio ancora prima del voto. Il principale candidato dell’opposizione prima si è fatto squalificare, poi si è dato alla macchia. Gli altri si sono ritirati uno a uno, accampando le scuse più imbarazzanti. « Il problema – spiega Sarthak Bagchi dell’Ahmedabad University – è che fare campagna elettorale costa una fortuna e i partiti puntano su chiunque sia disposto a pagarsela di tasca propria. È gente mossa dall’interesse. Non ci vuole molto a metterseli in tasca » .