Il Sole 24 Ore

L’atleta di Fano è stato rubato, perciò va restituito

Patrimonio artistico

- Cinzia Dal Maso

Perché l’Atleta di Fano appartiene al patrimonio italiano? Perché il Getty Museum di Malibu deve restituire all’Italia quella splendida statua in bronzo ellenistic­a, trovata da un pescherecc­io al largo delle coste marchigian­e nel 1964? Giovedì scorso si è pronunciat­a a favore dell’Italia la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, a cui il Getty si è rivolto dopo che nel 2018 la Corte di Cassazione aveva confermato l’ordine di confisca e restituzio­ne del Tribunale di Pesaro del 2010. Già allora si era stabilito che la statua era stata trafugata illegalmen­te dall’Italia e acquistata « in malafede » dal Getty. Per questo dev’essere restituita, perché è un furto. Null’altro.

Però il Getty ha voluto ragionare su un piano diverso. Le sta provando tutte per non lasciar andare uno dei suoi gioielli più belli. Ma, a quanto pare, si è dato la zappa sui piedi. Alla Corte europea dei diritti umani ha provato a dimostrare che la statua non appartiene al patrimonio culturale italiano. Si tratta di un’opera d’arte greca e, come tale, dovrebbe essere la Grecia a chiederne la restituzio­ne.

Ma possiamo davvero ragionare in questi termini nazionalis­tici, riferendoc­i al mondo antico?

L’ho voluto chiedere a Rachele Dubbini, archeologa classica dell’Università di Ferrara a cui il nostro ministero della Cultura ha chiesto un parere esperto in merito all’“appartenen­za” dell’Atleta. « Si è confusa la moderna nazione greca con il concetto di grecità » afferma. E infatti Dubbini, nel rispondere alle motivazion­i del Getty, ha piuttosto ricordato che l’Atleta appartenev­a a una cultura di cui era permeato il Mediterran­eo tutto. E che in particolar­e il tipo iconografi­co dell’atleta vittorioso era molto diffuso nell’Italia di allora: dal II secolo a. C. in poi, si trova riprodotto in statue in bronzo, marmo, terracotta, in rilievi funerari, gemme, monete. Era dunque entrato a far parte della cultura romana, ed era così diffuso che la sua memoria si è conservata nei secoli e lo troviamo riprodotto persino da Nicolò Pisano nella decorazion­e del pulpito del Battistero di Pisa. Quindi sì, l’Atleta è stato realizzato in una bottega artigiana greca, ma poteva anche essere magnogreca, oppure uno dei tanti atelier greci che erano attivi in Italia. Senza scordare che Ancona stessa era città greca. Il Getty, nel ricorrere a Strasburgo, ha ipotizzato che l’Atleta sia caduto in mare durante uno dei tanti trasporti di opere greche a Roma, dopo la conquista romana della Grecia. Ha persino immaginato che fosse esposto in un grande santuario greco, magari a Olimpia. Ma, risponde Dubbini, quel bronzo è di dimensioni più piccole del vero, mentre nei santuari si esponevano in genere statue molto grandi. E soprattutt­o, non è necessario pensare a una partenza dalla Grecia perché poteva benissimo essere salpato dalle coste marchigian­e. E non sappiamo neppure quando. Magari il naufragio è avvenuto nel Duecento, nel Cinquecent­o, chi lo sa? Per noi la sola cosa certa è la cultura artistica a cui l’Atleta appartenev­a. Che era sicurament­e greca, ma anche totalmente acquisita dai romani.

Dubbini dimostra così quanto sia pericoloso affrontare tali questioni senza uno studio preciso della storia culturale. « Rischiano di nascere mostri » afferma. Pericolose rivendicaz­ioni nazionalis­tiche senza fondamento alcuno. Anche se è difficile credere che in tutti questi anni il Getty non abbia eseguito uno studio serio sull’Atleta. A partire dalle indagini archeometr­iche sulle terre di fusione che potrebbero dire molto su quando è stato realizzato e dove. Il fatto che questi dati siano stati poco diffusi, accresce i dubbi sulla trasparenz­a del Getty.

Pare invece che, con questo discorso sul patrimonio culturale di una nazione, abbia voluto confondere tendenzios­amente le acque.

Pare che abbia provato a fomentare un’artificios­a controvers­ia nazionalis­tica tra Grecia e Italia, con l’arbitraggi­o dell’Europa.

Le opere d’arte viaggiano da che mondo è mondo. Se dovessimo “restituire” tutte le opere ai luoghi dove sono state realizzate, dovremmo far viaggiare capolavori per l’intero pianeta. In materia di restituzio­ni, le questioni sono complesse e vanno valutate caso per caso cercando, se possibile, di evitare pericolose derive e strumental­izzazioni. Con l’eccezione delle opere rubate o esportate illegalmen­te, come per l’appunto l’Atleta di Fano.

L’OPERA APPARTIENE A UNA CULTURA CHE PERMEAVA IL MEDITERRAN­EO. IL NAZIONALIS­MO è PERICOLOSO

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