Avvocati e magistrati si confrontano sulla AI: cambiamenti da governare
A Milano quattro giorni di « Talk to the future » organizzati dall’Ordine
È con un invito a non temere il cambiamento che si è aperta in tribunale a Milano la settimana « Talk to the future » organizzata dal locale Ordine degli avvocati. Al centro il tema dell’intelligenza artificiale e della sua declinazione nella giurisdizione. Una novità che sia il presidente dell’Ordine forense Antonino La Lumia sia quello della Corte d’appello Giuseppe Ondei invitano a non respingere in blocco, quanto piuttosto a utilizzare per gli aspetti positivi che potrà dare.
No quindi a una divisione tra tecnoscettici e tecnoentusiasti che servirebbe solo a polarizzare un conflitto senza ragione; apertura invece per un impiego ad esempio sul versante organizzativo.
Ne ha dato qualche esempio il presidente del tribunale Fabio Roia sottolineando come un utilizzo “sostenibile” è già adesso praticato sia sul fronte penale sia su quello civile, con riferimento, nel primo caso, al calcolo del peso della recidiva e, nel secondo, all’indice di mediabilità delle controversie. Come pure, per Roia, l’intelligenza artificiale può essere utile strumento per pesare il contenzioso civile correggendo il bruta dato statistico per cui « uno vale uno » .
Se del resto il Governo, con il recentissimo disegno di legge ha collocato una serie di paletti all’utilizzo di programmi di intelligenza artificiale, il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha ricordato che « il vero antidoto alle dispersioni dell’intelligenza artificiale è l’oralità del processo » . La neorettrice dell’Universita Statale, Marina Brambilla, ha fatto a sua volta il punto sull’impegno di una delle massime istituzioni milanesi di formazione e ricerca sul versante dell’Ia.
Tra i primi dibattiti della quattro giorni di confronti milanesi con protagonisti attori del processo, da segnalare quello svolto nel pomeriggio sullo stato di attuazione della digitalizzazione nel distretto milanese. Un confronto aperto e che ha potuto contare sul contraddittorio con il direttore generale dei sistemi informativi del ministero della Giustizia, Vincenzo De Lisi, che in più passaggi ha rimarcato la difficoltà di unificare - dentro un applicativo informatico - le 140 prassi organizzative di altrettanti “fori”. Tema che si aggiunge alla sfida di rendere interoperativi sistemi e linguaggi “diversi”, e che nemmeno il moderno deus ex machina del cloud computing può risolvere d’incanto ( e anzi la semplice migrazione nella “nuvola” rischia solo di assorbire il triplo delle risorse, anche al netto degli altri problemi di compliance).
L’auspicio degli avvocati, ma anche dei magistrati, è di rendere sempre più partecipativo e condiviso il percorso di digitalizzazione intensificando gli scambi tra chi progetta, chi gestisce e chi dovrà ( anzi già deve) utilizzare gli applicativi.
Anche perché i non infrequenti crash della infrastruttura - verificatisi a Milano sia nel civile sia nel “principiante” processo penale ( versante archiviazioni) - rischiano di provocare alle parti processuali danni non sempre e non facilmente redimibili.