« Dalla svalutazione dei crediti perdite nei bilanci delle banche »
Il vice direttore dell’Abi: « In allerta anche gli investitori »
Cambiare le regole sul recupero del credito di imposta mina la fiducia di imprese, cittadini e investitori. Lo afferma Gianfranco Torriero, vice direttore generale vicario dell’Abi, per il quale la norma che allunga il periodo nel quale spalmare i crediti fiscali del Superbonus deve decorrere per le operazioni successive all’entrata in vigore.
Perché la dilazione sul recupero dei crediti di imposta crea preoccupazione?
Siamo intervenuti assieme ad Ance perché erano state fatte dichiarazioni da parte di esponenti delle istituzioni che indicavano la possibilità di cambiare il periodo nel quale può essere spalmato il credito di imposta maturato con il Superbonus, allungandolo da 4 a 10 anni. Le disposizioni che riguardano operazioni future possono essere legittime. La nostra preoccupazione è che il provvedimento possa avere un impatto di retroattività, quindi che possa riguardare operazioni precedenti all’entrata in vigore della nuova normativa. Cambiare in corsa le regole non dà certezza, riduce la fiducia non solo di cittadini e delle imprese ma anche da parte degli investitori. Il Superbonus, d’altro canto, non è altro che un credito concesso dallo Stato, è un’esposizione dello Stato che non deve cambiare retroattivamente le regole. Per le imprese che hanno crediti fiscali da utilizzare, il cambiamento della durata entro la quale spalmare il credito da 4 a 10 anni significherebbe svalutarne il valore.
Cosa accade nei bilanci delle imprese con la dilazione?
Se un credito fiscale può essere utilizzato in 4 anni, significa che si può dedurre il 25% ogni anno. Se il periodo si allungasse a 10 anni, la quota ammortizzabile scenderebbe al 10%, nella sostanza svalutando il credito. Nel momento in cui un’impresa pianifica l’utilizzo di un credito fiscale in una determinata durata temporale definisce e pianifica un determinato equilibrio finanziario; la modifica delle regole in corsa comporterebbe una maggiore necessità di liquidità e quindi potrebbe richiedere un finanziamento aggiuntivo che non era in programma. Cambiare gli equilibri finanziari e fiscali significherebbe intervenire in modo incisivo e questo ha determinato una preoccupazione generalizzata. Lo Stato deve assicurare la certezza del diritto perché sono state fatte scelte economiche sottostanti. Questo ragionamento vale anche per le banche, che si sono impegnate nei confronti delle imprese a comprare i crediti fiscali.
Il sottosegretario per l’Economia, Freni, ieri ha assicurato che le disposizioni varranno a partire dal 2024
Ci siamo mossi perché le precedenti dichiarazioni non erano chiarissime. Oggi il sottosegretario Federico Freni ha affermato che la norma varrebbe per il futuro, si è riferito al 2024. Ma per i crediti che sono stati maturati dal primo gennaio 2024 a quando entra in vigore la norma cosa succederebbe? In questo periodo potrebbero essere stati fatti acquisti o maturati crediti di imposta per i quali si cambierebbero le regole in corsa.
Qual è impatto che avrebbe il bilancio di una banca da un allungamento dei tempi per il recupero del credito fiscale?
Le banche hanno comprato i crediti di imposta proprio per andare incontro alle esigenze delle imprese. Gli istituti
dovrebbero registrare nei loro bilanci una svalutazione di crediti fiscali e questo produrrebbe perdite in conto economico. Le banche si sono esposte molto per dare liquidità a questi crediti e supportare in questo modo le imprese. Ma proprio per questo motivo ne hanno in portafoglio una quantità elevata. C’è un’esposizione importante anche da parte delle imprese, le quali più recentemente hanno trattenuto nei bilanci una maggiore quantità di questo crediti.
Avete registrato preoccupazione da parte degli investitori?
C’è molta attenzione, è indubbio che la preoccupazione di chi investe è inevitabile.