POTERI SOSTITUTIVI E REVISIONE DEGLI APPALTI PER ACCELERARE
La sesta rata del Pnrr è una rata “di passaggio” con una combinazione di riforme e investimenti. Sul primo fronte si registrano progressi significativi, riguardanti la disabilità, l’autosufficienza degli anziani e il contrasto al lavoro sommerso. Anche il nuovo Dl Coesione rientra tra gli obiettivi di questa fase. Fanno parte della rata altre riforme importanti, in corso di realizzazione, come quella del processo civile, con l’entrata in vigore delle misure per ridurre l’arretrato, la riforma della Pa, con la definizione di azioni per la gestione strategica delle risorse umane e la la riduzione dei tempi di pagamento. Sugli investimenti, molti obiettivi sono ancora procedurali. Pochi ma assai rilevanti i target non procedurali in via di realizzazione: la concessione di circa 70mila crediti d’imposta Transizione 4.0, il completamento di assunzioni o proroghe dei contratti per 10mila tra dipendenti dell’Ufficio del processo e personale tecnico dei tribunali, la riduzione del numero di discariche abusive, la digitalizzazione della logistica. In sostanza, la sesta rata fa vedere ancora pochi risultati tangibili in termini di progetti realizzati e conferma lo spostamento degli obiettivi avanti nel tempo. Per quanto riguarda l’avanzamento procedurale, attualmente il 28% di milestone e target di questa rata è stato già raggiunto, sebbene la scadenza sia fissata per giugno 2024.
Questi dati emergono dal monitoraggio condotto da Annalisa Giachi e Carolina Bustamante dell’OReP, basato su fonti ufficiali come Italia Domani, il dossier della Camera sullo stato di avanzamento delle misure e l’ultima Relazione del Governo al Parlamento sul Pnrr.
Grazie alla revisione del Pnrr del febbraio scorso, la maggior parte dei 39 obiettivi e target risulta a portata di mano e realisticamente perseguibile. È interessante a questo punto una riflessione più ampia relativa allo storico della spesa.
La spesa certificata a dicembre 2023 dal Governo, pari a 42,9 miliardi, corrisponde a una performance mensile di 1,5 miliardi di euro. Se ipotizziamo un andamento constante di tali spese dal primo gennaio 2024 arriviamo ad una spesa complessiva di 100 miliardi di euro al 31 dicembre 2026, con un Pnrr che vale nel suo complesso 194 miliardi di euro. Abbiamo dunque 94 miliardi di spesa a rischio.
È vero che i 42,9 miliardi di partenza ( a dicembre 2023) sono probabilmente sottostimati per il mancato aggiornamento di ReGis ( aggiornamento effettuato dopo il Dl 19/ 2024), è vero che vi sono stati fisiologici tempi di apprendimento per la messa a terra del Piano ed è anche vero che il Pnrr è un programma di performance e non di spesa per cui è importante raggiungere gli obiettivi e non solo spendere.
Tuttavia, i rischi di non riuscire ad arrivare al traguardo sono evidenti senza una accelerazione forte nei prossimi due anni. Anche se ad oggi i cronoprogrammi sono stati rispettati e l’Italia è l’unico Paese in Europa ad avere presentato la quinta rata, la maggior parte di milestone e target deve essere ancora raggiunta.
Una riorganizzazione delle stazioni appaltanti sarebbe un investimento chiave per il Paese
I prossimi mesi saranno cruciali per verificare se le revisioni introdotte dal governo sono state efficaci per raggiungere gli obiettivi o hanno soltanto spostato in avanti le decisioni difficili.
In questo contesto poniamo due domande che ci sembrano cruciali. Potremmo cominciare a valutare se non sia il caso di attivare poteri sostitutivi qualora gli enti pubblici competenti non concedano in tempi rapidi le necessarie autorizzazioni che bloccano la realizzazione dei progetti? Potremmo avviare un programma straordinario di riorganizzazione delle stazioni appaltanti qualificate per dotarle di personale tecnico competente e motivato a tempo indeterminato, finanziato nei primi anni dal taglio di alcune spese non indispensabili del Piano stesso e poi a seguire dal bilancio dello Stato? Sarebbe il giusto investimento in capitale umano per il Paese.