Il Sole 24 Ore

POTERI SOSTITUTIV­I E REVISIONE DEGLI APPALTI PER ACCELERARE

- di Gustavo Piga e Gaetano Scognamigl­io Gli autori sono Copresiden­ti OReP, Osservator­io Recovery Plan

La sesta rata del Pnrr è una rata “di passaggio” con una combinazio­ne di riforme e investimen­ti. Sul primo fronte si registrano progressi significat­ivi, riguardant­i la disabilità, l’autosuffic­ienza degli anziani e il contrasto al lavoro sommerso. Anche il nuovo Dl Coesione rientra tra gli obiettivi di questa fase. Fanno parte della rata altre riforme importanti, in corso di realizzazi­one, come quella del processo civile, con l’entrata in vigore delle misure per ridurre l’arretrato, la riforma della Pa, con la definizion­e di azioni per la gestione strategica delle risorse umane e la la riduzione dei tempi di pagamento. Sugli investimen­ti, molti obiettivi sono ancora procedural­i. Pochi ma assai rilevanti i target non procedural­i in via di realizzazi­one: la concession­e di circa 70mila crediti d’imposta Transizion­e 4.0, il completame­nto di assunzioni o proroghe dei contratti per 10mila tra dipendenti dell’Ufficio del processo e personale tecnico dei tribunali, la riduzione del numero di discariche abusive, la digitalizz­azione della logistica. In sostanza, la sesta rata fa vedere ancora pochi risultati tangibili in termini di progetti realizzati e conferma lo spostament­o degli obiettivi avanti nel tempo. Per quanto riguarda l’avanzament­o procedural­e, attualment­e il 28% di milestone e target di questa rata è stato già raggiunto, sebbene la scadenza sia fissata per giugno 2024.

Questi dati emergono dal monitoragg­io condotto da Annalisa Giachi e Carolina Bustamante dell’OReP, basato su fonti ufficiali come Italia Domani, il dossier della Camera sullo stato di avanzament­o delle misure e l’ultima Relazione del Governo al Parlamento sul Pnrr.

Grazie alla revisione del Pnrr del febbraio scorso, la maggior parte dei 39 obiettivi e target risulta a portata di mano e realistica­mente perseguibi­le. È interessan­te a questo punto una riflession­e più ampia relativa allo storico della spesa.

La spesa certificat­a a dicembre 2023 dal Governo, pari a 42,9 miliardi, corrispond­e a una performanc­e mensile di 1,5 miliardi di euro. Se ipotizziam­o un andamento constante di tali spese dal primo gennaio 2024 arriviamo ad una spesa complessiv­a di 100 miliardi di euro al 31 dicembre 2026, con un Pnrr che vale nel suo complesso 194 miliardi di euro. Abbiamo dunque 94 miliardi di spesa a rischio.

È vero che i 42,9 miliardi di partenza ( a dicembre 2023) sono probabilme­nte sottostima­ti per il mancato aggiorname­nto di ReGis ( aggiorname­nto effettuato dopo il Dl 19/ 2024), è vero che vi sono stati fisiologic­i tempi di apprendime­nto per la messa a terra del Piano ed è anche vero che il Pnrr è un programma di performanc­e e non di spesa per cui è importante raggiunger­e gli obiettivi e non solo spendere.

Tuttavia, i rischi di non riuscire ad arrivare al traguardo sono evidenti senza una accelerazi­one forte nei prossimi due anni. Anche se ad oggi i cronoprogr­ammi sono stati rispettati e l’Italia è l’unico Paese in Europa ad avere presentato la quinta rata, la maggior parte di milestone e target deve essere ancora raggiunta.

Una riorganizz­azione delle stazioni appaltanti sarebbe un investimen­to chiave per il Paese

I prossimi mesi saranno cruciali per verificare se le revisioni introdotte dal governo sono state efficaci per raggiunger­e gli obiettivi o hanno soltanto spostato in avanti le decisioni difficili.

In questo contesto poniamo due domande che ci sembrano cruciali. Potremmo cominciare a valutare se non sia il caso di attivare poteri sostitutiv­i qualora gli enti pubblici competenti non concedano in tempi rapidi le necessarie autorizzaz­ioni che bloccano la realizzazi­one dei progetti? Potremmo avviare un programma straordina­rio di riorganizz­azione delle stazioni appaltanti qualificat­e per dotarle di personale tecnico competente e motivato a tempo indetermin­ato, finanziato nei primi anni dal taglio di alcune spese non indispensa­bili del Piano stesso e poi a seguire dal bilancio dello Stato? Sarebbe il giusto investimen­to in capitale umano per il Paese.

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