In sei Stati per il 6% d’indecisi
Si tratta di Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Georgia, Nevada e Arizona
Sono le elezioni dei record. Record di anzianità dei candidati alla Casa Bianca, l’ 81enne Joe Biden e il 78enne Donald Trump. Record di spesa, oltre dieci miliardi. Alla storia potrebbero però passare anche e soprattutto come le urne del sei per sei. Decise a novembre da un minuscolo numero di stati ed elettori incerti.
Mancano mesi al voto, ma la campagna politica negli Stati Uniti sembra destinata al fotofinish, spronando gli strategist a dissezionare come non mai le propensioni dell’opinione pubblica. I sondaggi mostrano un sostanziale testa a testa, attorno al 45%, in un clima reso più volatile dalla generale disapprovazione del rematch del 2020.
L’impasse tradisce certo la gravità delle incognite. Su Trump aleggiano quattro processi penali, dubbi sulla vocazione alla democrazia, retorica estrema e controverse crociate sociali e culturali ( contro l’aborto). Su Biden preoccupazioni per l’età, un’economia turbata dall’inflazione ed emergenze domestiche ed estere dall’immigrazione ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, con il dramma israelo- palestinese che scatena proteste tra i giovani.
Ma il futuro della Casa Bianca, complici la crescente polarizzazione del Paese e il suo sistema elettorale, nonostante la vastità delle sfide appare oggi in mano a fasce sempre più ristrette di regioni ed elettori. La formula, appunto, del sei per sei: vede protagonista assoluta una mezza dozzina di stati del Midwest e Sud- Ovest, dove in palio è a sua volta una fetta del 6% di votanti “persuadibili”.
I magnifici sei battleground? Pennsylvania, Michigan e Wisconsin, un tempo cuore del Blue Wall, il muro industrial- elettorale del partito democratico di Biden incrinato dal populismo trumpiano. Poi Georgia, Nevada e Arizona, un tempo feudi conservatori e ora più diversificati. Nel 2020 Biden se li aggiudicò tutti di strettissima misura. Nel 2016 era stato Trump a far breccia in Michigan, Wisconsin e Pennsylvania e strappare la presidenza.
Qualcuno ipotizza che a novembre potrà bastare una oscillazioni di 80.000 voti nelle giuste località per dichiarare vittoria. Chiave non è infatti il voto popolare nazionale, ma la matematica dell’Electoral College, che vede i singoli Stati premiare il vincitore con squadre di speciali delegati che esprimono il presidente. I candidati sono così già a caccia di spostamenti anche minimi. Nei giudizi degli elettori più indipendenti e moderati, che popolano i grandi sobborghi. Ma anche nell’entusiasmo delle loro basi, dagli evangelici per Trump a minoranze etniche e sindacato per Biden. Trump lo fa evocando cupi declini del Paese; Biden rivendicando progressi e criticando gli impulsi autoritari del rivale. Immagini contrapposte di un’America divisa, per comporre un piccolo quanto indispensabile mosaico di voti, quel 6% in sei Stati.
La corsa, vista la polarizzazione, potrebbe essere decisa da fasce ristrette di elettori