È ora di salvare le mamme d’Italia dalle ideologie
LNON BASTA LA POLITICA DEI BONUS E DELLE DETRAZIONI IN UN PAESE IN CUI LAVORA UNA DONNA SU DUE
a maternità oggi sembra essere diventata un campo di battaglia, terreno di scontro tra visioni sempre più inconciliabili. Di qua chi ne magnifica le virtù, idealizzandola. Di là chi ne denuncia i lati oscuri e penalizzanti, rivendicando con orgoglio la scelta di rifiutarla. In mezzo ci sono le madri reali: 10,4 milioni di donne che in Italia vivono con almeno un figlio. Acrobate del quotidiano, che tutte le indagini statistiche ci rivelano in sofferenza: sempre più sole, penalizzate sul lavoro, senza un’adeguata rete di servizi che le sostenga, costrette spesso a sobbarcarsi la cura dei bambini, dei genitori anziani e della casa. Una miniera di saperi e di energie che scompare dietro le quinte, nel fumo delle dispute ideologiche.
Il volume Mamme d’Italia, firmato da Monica D’Ascenzo e Manuela Perrone, vuole alzare il sipario sulla realtà delle madri, sottraendola alle rivendicazioni di parte e al confronto politico, che troppo spesso si allontana da quanto si sta vivendo nel nostro Paese. Anche per sgombrare il campo da un equivoco che giorno dopo giorno diventa più opprimente: quello secondo cui la questione della denatalità sia un affare delle donne, una piaga che discende dal rifiuto egoistico delle giovani di diventare madri. Una visione miope, perché – come scrive nella prefazione del libro il demografo Alessandro Rosina – omette il ruolo dei padri, mentre la questione del perché ci sono poche nascite andrebbe posta allo stesso modo a donne e uomini.
D’altra parte i dati parlano chiaro: nel 2021 i single ( 33,2%) hanno superato le coppie con figli, che ormai costituiscono soltanto il 31,2% delle famiglie e che nel 2045 saranno superate dalle coppie senza figli. Da una ricerca del 2024 dell’Istituto Toniolo su un campione di 7.000 donne di età compresa tra i 18 e i 34 anni, emerge infatti che il 21% dichiara apertamente di non volere figli e il 29% riconosce di essere « debolmente interessata » alla maternità. Se si sommano le due percentuali si arriva al 50% della popolazione femminile intervistata che potrebbe decidere, per scelta personale, di non diventare madre mai. Da qui parte il volume che si dipana in un’inchiesta fatta di dati e studi in dialogo con le tante voci che negli ultimi decenni sono intervenute sul tema. Ma il dibattito non si può esaurire a suon di bonus o detrazioni sul lavoro femminile e tanto meno con la promessa di asili nido, che non arrivano mai, come sottolineano le autrici.
Avere figli in Italia oggi è una scelta ponderata e non scontata, che investe direttamente la capacità del Paese di garantire prospettive di benessere e di opportunità. « Nel modo di accogliere il neonato, una società rivela i suoi punti di forza profonda, la sua consapevolezza della vita » sottolinea lo storico francese Jacques Gélis. È necessario, quindi, spostare lo sguardo dalle decisioni individuali alla cultura collettiva dentro la quale quelle decisioni maturano.
La child penalty sul lavoro, la cui analisi e interpretazione è valsa all’economista Claudia Goldin il Premio Nobel per l’economia, è ormai tanto evidente quanto intollerabile, a maggior ragione in Italia, dove il tasso di occupazione femminile è il più basso d’Europa. Nel 2022 quello delle 25- 49enni era l’ 80,7% per le donne che vivono da sole, il 74,9% per quelle che vivono in coppia senza figli, e il 58,3% per le madri, in un contesto che vede l’occupazione femminile ferma al 53%. Sempre nel 2022, secondo l’Inl, le dimissioni presentate nei primi tre anni di vita del figlio sono state firmate da donne nel 72,8% dei casi. « Chi ce lo fa fare? » , sembrano domandarsi in tante e le autrici con loro. Ma le mamme d’Italia – che, a dispetto degli stereotipi, sanno che non c’è un solo modo di essere madre e mal sopportano i luoghi comuni, gli inganni, i falsi miti, le promesse al vento – sanno anche che prendersi cura degli altri è un valore da difendere. E se lo riconoscono, specchiandosi a vicenda nelle storie delle altre e facendo rete perché nella maternità le emozioni sono amplificate dall’eccezionalità dell’esperienza e sono il collante delle relazioni con quante stanno vivendo lo stesso sentire. La condivisione delle responsabilità con i partner, poi, non è una pretesa: è la strada obbligata. Come obbligata è la definizione di politiche che smettano di disincentivare il lavoro delle madri e costruiscano intorno alle famiglie cinture di servizi, per i più piccoli e i più anziani.