Regime agevolato anche per gli impatriati dopo un distacco
La Cgt di Milano non condivide la posizione dell’agenzia delle Entrate
È possibile applicare il regime dei lavoratori impatriati, previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 147/ 2015, anche per il contribuente rientrato dall’estero in Italia al termine di un distacco temporaneo, purché siano rispettati i requisiti di legge. Ciò a prescindere dalla risposta negativa dell’agenzia delle Entrate a un preventivo interpello formulato dallo stesso contribuente.
Questa, in sintesi, la decisione presa dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano con la sentenza 1938/ 2024( 2024 ( presidente De Sapia, relatore F aranda ), la quale ha accolto il ricorso di un contribuente avverso il rifiuto del diun contribuente avverso il rifiuto dell’ agenzia delle Entrate di riconoscere l’applicazione del regime degli impatriati per il periodo d’imposta 2021.
Prima di entrare nel merito della vicenda, occorre ricordare che il regime di favore, nella versione applicabile per i rientri fino al 2023 – dunque dopo il decreto Crescita ( decreto legge 34/ 2019) ma prima del recente decreto fiscalità internazionale ( Dlgs 209/ 2023) – prevedeva un consistente abbattimento della base imponibile ( 70% in via ordinaria, 90% per i trasferimenti al Sud) per coloro che si trasferivano in Italia dopo almeno due anni fiscali trascorsi all’estero. Al riguardo, secondo un consolidato orientamento dell’ Amministrazione finanziaria, il richiamo del lavoratore in Italia dopo un distacco, se“in continuità” con la posizione lavorativa precedente, risulterebbe non conforme alla ratio attrattiva r ebbe non conforme alla ratio attrattiva del regime, precludendone l’applicazione, salvo che il contribuente dimostri che sussiste una discontinuità tra la precedente posizione lavorativa e quellaprecedente posizione lavorativa e quella acquisita in Italia al termine del distacco, oche i numerosi anni trascorsi all’ estero hanno determinato un effettivol’ estero hanno determinato un effettivo affievolimento dei legami con l’Italia.
Nel caso specifico, il contribuente, tornato in Italia a seguito di distacco estero durato oltre il periodo minimo biennale, e preso atto dell’orientamento particolarmente restrittivo della prassi erariale, ha presentato istanza di interpello all’Agenzia per richiedere conferma circa l’ applicabilità del regime; ricevuta risposta negativa, ha contestato in giudizio l’ interpretazione fornita dall’ufficio, impugnando il silenzio- rifiuto al rimborso.
La Corte ha accolto la tesi del contribuente, sul presupposto che, se il legislatore avesse voluto escludere l’ipotesi del distacco, l’avrebbe espressamente specificato nel testo della norma, come ad esempio in passato previsto nel precedente regime dei “controesodati” del 2010 ( nonché, verrebbe da aggiungere, come previsto nel nuovo regime, in vigore dal 2024, in cui l’orientamento restrittivo sul distacco è stato parzialmente recepito attraverso un’estensione del periodo minimo di permanenza all’estero). A nulla rileva, peraltro, la posizione già assunta con la risposta all’interpello, posto che, secondo i giudici, le risoluzioni e le circolari ministeriali, in quanto subordinate nella gerarchia delle fonti, non possono modificare o integrare la legge.
La pronuncia è meritevole di attenzione in quanto affronta il tema delle condizioni restrittive imposte invia interpretativa dall’ amministrazione finanziaria, spesso sindacabili non solo perché di difficile applicazione pratica, ma soprattutto in quanto non direttamente desumibili dalla norma di legge. Sotto questo profilo, la posizione si pone in linea con le sentenze della stessa Cgt Lombardia 2816 del 25 settembre 2023, sempre in merito a un caso di distacco, e 4023 del 20 ottobre 2022, in base alla quale il regime degli impatriati può essere applicato in dichiarazione dei redditi, anche in assenza di preventiva richiesta al datore di lavoro, purché risultino soddisfatti i requisiti di legge.