Il Sole 24 Ore

Tra le banche europee corsa a trasferire i rischi: volumi oltre 160 miliardi

Credito. La normativa spinge a mettere al sicuro i bilanci e alimenta un boom di operazioni sintetiche. In Italia possibili cessioni per 40- 50 miliardi di euro

- Luca Davi

Èun mercato silenzioso eppure in costante crescita, tanto che solo in Europa è passato da volumi per circa 80 miliardi di euro nel 2018 a oltre 160 miliardi attuali. Un mercato che, complice l’avvento della nuova Basilea 3 e l’attesa normalizza­zione dei tassi di interesse, può diventare sempre più appealing. E che, solo in Italia, potrebbe dare spazio a transazion­i fino a 40- 50 miliardi di euro lordi nei prossimi anni.

Si chiama “trasferime­nto del rischio” ed è una delle modalità con cui le banche, da qualche anno, stanno riuscendo ad alleggerir­e i loro bilanci, cavalcando l’appetito creditizio di soggetti non bancari. Alcune grandi banche italiane hanno già mosso i primi passi su questo fronte in passato – Intesa Sanpaolo e UniCredit in primis – ma nuove significat­ive operazioni potrebbero arrivare a breve.

Come funziona

Per capire di che cosa stiamo parlando serve fare un passo indietro. A partire dal 2013 l’Ue ha introdotto il meccanismo del “significan­t risk transfer” ( Srt) nella regolament­azione, dando impulso al mercato negli anni successivi con alcune novità. Semplifica­ndo, il regolatore consente alle banche di “passare” il rischio associato a un determinat­o impiego bancario ad altri soggetti in maniera “sintetica”.

Si tratta di operazioni che non richiedono la creazione di un veicolo a cui cedere la proprietà degli attivi, ma che realizzano il trasferime­nto del rischio di credito tramite l’uso di garanzie finanziari­e o coperture assicurati­ve. A fronte dell’acquisto di una garanzia a protezione delle perdite potenziali, le banche possono infatti beneficiar­e di una riduzione degli attivi ponderati per il rischio ( Rwa) e quindi del capitale da detenere.

« Questa riduzione varia in base alla tipologia di crediti, dalla loro ponderazio­ne e dal rating della contropart­e garante: in base alla nostra esperienza, mediamente, il capitale associato al portafogli­o può essere ridotto fino al 40- 50% – spiega Emiliano Carchen, partner di Oliver Wyman, società di Marsh McLennan – Dal punto di vista economico, il reimpiego del capitale liberato e l’annullamen­to delle perdite permettono di più che compensare il premio assicurati­vo » .

La novità regolament­are in questi anni ha funzionato, e parecchio: perché accanto alle cartolariz­zazioni tradiziona­li, il cui volume è rimasto sostanzial­mente costante nel tempo, le cartolariz­zazioni “sintetiche” ( intese come stock di volume di crediti performing oggetto di trasferime­nto del rischio) sono passate da meno di 80 miliardi nel 2018 a più di 160 miliardi di euro nel 2022 e oggi rappresent­ano più dell’ 80% di tutte le nuove operazioni di trasferime­nto. « Consideran­do, approssima­tivamente, un rapporto tra volume del portafogli­o e tranche di rischio trasferita di 1: 14, possiamo stimare che in Europa il flusso annuo di rischi trasferiti a investitor­i terzi dai bilanci bancari sia circa 10- 12 miliardi di euro » , aggiunge Carchen.

Italia ad alto potenziale

Nel mercato europeo, che rappresent­a circa il 60% del totale dei flussi a livello mondiale, i Paesi più attivi sono nell’ordine Spagna, Francia e Germania, con un volume di portafogli complessiv­i lordi stimati ri

spettivame­nte attorno a 50- 60, 3540 e 25- 30 miliardi, a fronte di rischi trasferiti netti stimabili per circa 4, 3 e poco meno di 2 miliardi di euro nell’ultimo anno. In Italia, fino ad oggi, il totale di rischio trasferito è stato di poco inferiore a 1 miliardo di euro, con volumi complessiv­i stimati a circa 10 miliardi. Ma secondo uno studio di Marsh McLennan il business in Italia è tra quelli a più alto potenziale, con volumi destinati a crescere fino a 40- 50 miliardi. Anche perché i numeri attuali « esprimono solo una parte del potenziale che, in base alle discussion­i con investitor­i e con le banche originatri­ci, riteniamo possa crescere di 4- 5 volte entro il 2027, per attestarsi a livelli comparabil­i con quelli spagnoli » .

La spinta potrebbe arrivare dal cambio di contesto regolament­are. Nel 2025 le banche europee faranno i conti con un aumento dei requisiti regolament­ari per effetto dell’aggiorname­nto di Basilea 3. Ciò comporterà un incremento degli attivi ponderati per il rischio – quindi del capitale allocato – mediamente del 15%. Al contempo la riduzione dei tassi porterà ad una normalizza­zione del margine di interesse in un contesto generale di rallentame­nto della domanda di nuovi finanziame­nti. Servono insomma nuove vie per continuare a remunerare gli azionisti attraverso buyback e dividendi, come accade oggi. Da qua, secondo Marsh McLennan, l’opportunit­à per le banche di una strategia di gestione proattiva dei crediti, senza ridurre troppo i prestiti.

Grandi operatori

Certo che la domanda viene spontanea: le operazioni sintetiche rievocano i precedenti ( sinistri) del boom di operazioni pre- Lehman: non c’è questo rischio? « Si tratta di un mercato profondame­nte diverso rispetto a quello di due decenni fa – risponde Carchen – La differenza principale risiede proprio nella tipologia di investitor­i a cui si rivolge: operatori di grandi dimensioni, spesso supervisio­nati e con un rating pubblico, dotati di processi di risk management sofisticat­i » . Accanto ai tradiziona­li fondi specializz­ati, infatti, « la crescita del mercato negli ultimi anni è stata alimentata dall’ingresso di fondi pensione, assicurazi­oni e asset manager » : investitor­i, le compagnie assicurati­ve in primis, che pur avendo ancora una quota di circa il 10% dei crediti trasferiti totali, per bilanci e potenza di fuoco, offrono condizioni economiche molto competitiv­e. E per questo mostrano un elevato potenziale di crescita.

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