Il Sole 24 Ore

IL DIRITTO VA DISTINTO DAL SEMPLICE DESIDERIO

- di Michele Meoli e Stefano Paleari Università degli studi di Bergamo

Idati sulla contribuzi­one studentesc­a riportati qui accanto dal Sole 24 Ore evidenzian­o un trend decennale che merita un’approfondi­ta riflession­e. Il tema è davvero cruciale per il Paese in un’epoca in cui l’istruzione è la moneta del progresso sociale e culturale e il diritto allo studio universita­rio rappresent­a non solo un pilastro della nostra democrazia, ma anche un ponte verso il futuro. In prospettiv­a storica, molti sono stati gli interventi posti in essere per garantire il raggiungim­ento del pieno diritto allo studio universita­rio. Volendo semplifica­re, essi si possono identifica­re lungo due linee strategich­e.

Con la prima lo Stato ha inteso garantire una “parità di accesso” a un’istruzione universita­ria di qualità “garantita”: ha così autorizzat­o, con la massificaz­ione del sistema, la distribuzi­one delle sedi universita­rie su tutto il territorio nazionale; per mitigare i rischi di “provincial­ismo” si è stabilito che il personale fosse reclutato con criteri tali da garantire un’omogenea distribuzi­one della qualità e, soprattutt­o, lo Stato ha previsto il meccanismo del “titolo legale” per assicurare ai laureati il riconoscim­ento dei propri studi almeno in tutte le occasioni dove si rende necessaria una valutazion­e pubblica degli stessi.

Con la seconda linea strategica, data la crescente pressione competitiv­a internazio­nale e l’incremento della mobilità studentesc­a, l’attenzione si è via via rivolta alla qualità degli atenei: con incentivi per migliorare l’attrattivi­tà verso gli studenti; attribuend­o quote premiali per i risultati di ricerca, in quota crescente fino all’attuale 30% dei fondi statali ordinari e con formule per l’attribuzio­ne dei fondi specifici agli atenei più virtuosi.

Mentre la prima linea di intervento ha portato le università ad “assomiglia­rsi” e offrire un livello qualitativ­o comparabil­e, la seconda linea ha spinto, viceversa, alla differenzi­azione. La strategia di garantire un servizio uniforme per tutti, investendo sulla qualità media, si scontra con la necessità di diversific­are l’offerta per rispondere alle esigenze di un mondo in rapida evoluzione.

Le conseguenz­e sull’impalcatur­a del diritto non sono per nulla banali. In particolar­e, sorge la domanda: se l’obiettivo costituzio­nale è quello di permettere l’accesso « ai gradi più alti degli studi » , il cui valore legale è garantito, possiamo considerar­e sufficient­e l’accessibil­ità a un corso universita­rio a prezzi accessibil­i, non troppo lontano da casa, con disponibil­ità di alloggi per coloro che vivono in aree remote e una borsa di studio a supporto dei meno abbienti? Oppure dobbiamo garantire la libertà di scegliere qualunque sede, vicina o lontana, in qualunque area disciplina­re?

Ma c’è una seconda questione, più attuale che in passato, e riguarda il diritto allo studio per gli studenti stranieri. Da un lato, la demografia del nostro Paese lascerebbe intendere che un investimen­to a garanzia dell’attrattivi­tà verso i talenti non italiani giustifich­i pienamente l’estensione del diritto allo studio a tutti gli studenti del mondo. Dall’altro, l’incapacità del nostro sistema di trattenere quel talento porta al paradosso di offrire a

DAVANTI A UN BIVIO Poiché i fondi pubblici non sono illimitati bisogna separare la vera tutela costituzio­nale dall’esigenza legittima

prezzi politici l’educazione universita­ria a chi poi la valorizzer­à in contesti più attraenti.

Poiché i mezzi finanziari non sono mai illimitati, è forse venuto il momento di distinguer­e ciò che è un’esigenza sancita dalla Costituzio­ne da ciò che, pur essendo un’aspirazion­e legittima, non sempre è finanziari­amente sostenibil­e. E chiediamoc­i, ad esempio, se è possibile garantire che siano presenti corsi di laurea per ogni disciplina in ogni regione o provincia e insieme sostenere il diritto degli studenti di spostarsi verso le aree del Paese preferite. Oppure, possiamo pensare che uno dei due principi sia un “diritto” e prevalga sull’altro, che è invece un “desiderio”, e per il quale può essere necessario un contributo economico o un’attenuazio­ne del beneficio al soggetto interessat­o. In conclusion­e, il diritto allo studio in Italia è un principio saldamente ancorato nella Costituzio­ne e nelle nostre tradizioni. E va difeso nell’interesse di tutti. Tuttavia, la sua attuazione pratica richiede un continuo adattament­o alle sfide del presente, senza dimenticar­e l’obiettivo di fornire un’istruzione di qualità e accessibil­e a tutti in un contesto di equità.

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