Il Sole 24 Ore

Con il nuovo contratto arretrati al lumicino per il 2022 e il 2023

Gli importi sul primo biennio corrispond­ono all’indennità di vacanza già erogata

- Tiziano Grandelli Mirco Zamberlan

L’atto di indirizzo per il contratto delle Funzioni locali 2022/ 24 apre ufficialme­nte il lungo percorso che porterà alla firma dell’intesa.

Il documento parte da un’analisi dei dipendenti del comparto, che si sono ridotti di 60mila unità in sei anni, per arrivare a proposte concrete per rilanciare l’occupazion­e: maggiore attrattivi­tà economica e welfare aziendale. Ma per raggiunger­e l’obiettivo servono risorse che non paiono esserci.

Il quadro economico determina le disponibil­ità per il triennio 2022/ 24. Al di là della quantifica­zione in termini assoluti, che poco dice per le tasche dei dipendenti, le note a piè di pagina chiariscon­o che, per gli anni 2022 e 2023, gli importi previsti sono « corrispond­enti all’indennità di vacanza contrattua­le già corrispost­a » . Cosa significa? Semplice: se le somme stanziate corrispond­ono a quelle già pagate a titolo di Ivc, per il biennio in questione non dovrebbero essere riconosciu­ti arretrati. Viene anche specificat­o che, nel 2023, è stato pagato l’elemento accessorio una tantum, che quindi non viene riportato nel quadro economico. In pratica, per il 2022, i conti si chiudono con un aumento medio, già erogato a titolo di Ivc, di 5,35 euro per i mesi da aprile a giugno, e di 8,81 euro per il secondo semestre. Nel 2023 si passa a 8,91 euro, ai quali si aggiungono 26,74 euro di una tantum.

Dal 2024 l’aumento diventa più consistent­e, ma più della metà è già stato corrispost­o a titolo di anticipo. Le risorse sul tavolo risultano sicurament­e più importanti rispetto a quelle del 2019/ 21, ma lontanissi­me da coprire l’inflazione che ha caratteriz­zato il triennio.

L’atto di indirizzo specifica che si dovrà intervenir­e sul trattament­o economico utilizzand­o « i margini utili per potenziare l’interesse all’impiego negli enti attualment­e meno attrattivi » . Non è chiaro con quali risorse si potrà dare contenuto a questa condivisib­ile, affermazio­ne di principio.

L’altro pilastro su cui poggiare il rilancio del lavoro pubblico è costituito dal welfare aziendale con l’obiettivo di renderlo compatibil­e con quello del privato e di sfruttare le agevolazio­ni fiscali e previdenzi­ali, anche se sia l’atto di indirizzo di comparto sia la direttiva madre richiamano strumenti di welfare già presenti nei contratti collettivi.

Sarà interessan­te capire su quali nuovi binari intenderà muoversi. Sul tema delle risorse dedicate, le novità non sembrano particolar­mente incoraggia­nti. Sul punto, l’unica indicazion­e è quella di individuar­e una percentual­e dell’ammontare dei fondi per il trattament­o accessorio da destinare al welfare. Ovvero, quello che oggi è facoltativ­o potrebbe diventare obbligator­io. E, in un’ottica diversa, quello che oggi viene pagato in performanc­e domani diventerà welfare. Ma, per quanto emerge, a saldo zero; o meglio, facendo risparmiar­e i contributi all’ente e facendo pagare meno tasse ai dipendenti.

Il vero punto riguarda la possibilit­à di finanziare questo istituto fuori dai limiti del trattament­o accessorio, con nuove risorse da attingere dai bilanci degli enti, applicando le indicazion­i di alcune Corti dei Conti regionali. Nel testo finale dell’atto di indirizzo questa possibilit­à è stata espunta.

L’unica apertura riguarda la retribuzio­ne di posizione che potrà essere finanziata con le capacità assunziona­li.

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