Nei ministeri tutti perfetti ( sulla carta): voti e premi top al 92% dei dipendenti
Tutte ai massimi le pagelle utilizzate per misurare gli incentivi in busta paga
Vien da chiedersi di quale nefandezza si siano mai macchiati i due dipendenti del ministero dell’Agricoltura che, unici in un organico da 1.234 impiegati, si sono visti affibbiare un voto insufficiente nella valutazione che decide la misura dei premi in busta paga. O quale delitto abbiano commesso i loro due colleghi del ministero degli Esteri, anch’essi titolari delle uniche due insufficienze fra le 3.050 pagelle della Farnesina. Ai ministeri di Economia, Salute, Turismo e Università, invece, tutto funziona alla perfezione, al punto che nessuno degli 11.033 dipendenti valutati è finito sotto la sufficienza.
Già, perché la pubblica amministrazione centrale italiana ha mutuato la perfezione dal proverbiale orologio svizzero e la competitività dalle più dinamiche start up americane, con il risultato che l’eccellenza è la regola, le performance men che ottime sono l’eccezione e quelle inadeguate sono una patologia rarissima e quasi inspiegabile. Tali, almeno, i ministeri appaiono dall’insieme dei giudizi ufficiali degli Organismi interni di valutazione raccolti dalla sezione centrale della Corte dei conti che controlla le amministrazioni statali e nella delibera 62/ 2024 diffusa ieri ha voluto indagare « gli istituti di premialità riconosciuti al personale dipendente » .
I numeri messi in fila dalla relazione dicono tutto. I magistrati contabili hanno passato in rassegna le pagelle di 61.741 dipendenti ministeriali. In 56.824, il 92% del totale, il voto espresso in centesimi ha superato la quota 90 che circoscrive l’eccellenza, e apre le porte ai premi più consistenti, e altri 4.131, cioè il 6,7%, si è attestato in misura più o meno abbondante sopra la sufficienza. Completa il quadro un gruppetto di 786 reprobi, l’ 1,3% del personale esaminato, che non è riuscito a raggranellare nemmeno 60 dei 100 punti in palio nella valutazione. Ma a comporlo sono in larga maggioranza i 620 insufficienti del ministero delle Infrastrutture, l’unico in cui i voti bassi interessano il 10% del personale. Senza l’eccezione di Porta Pia, e quella parziale del ministero dell’Ambiente dove “solo” il 58,9% dei dipendenti riesce a salire nell’empireo dei giudizi più brillanti, la perfezione lavorativa dei ministeriali sarebbe ancora più rotonda, dominata da un 96,3% di pagelle eccellenti. Come accade del resto quando si sale la scala gerarchica e si arriva fra i dirigenti di prima e seconda fascia; lì, con il solito paio di eccezioni ( ancora una volta le Infrastrutture, affiancate in questo caso dall’Istruzione) è quasi impossibile trovare un manager men che perfetto.
Perché nonostante i fiumi di parole spese nelle tante riforme della Pubblica amministrazione, e nelle ancora più numerose circolari che hanno provato ad accompagnarle, i processi di valutazione negli uffici pubblici non sono pensati davvero per differenziare carriere e buste paga, ma per amalgamarle; con l’obiettivo, nel caso dei dipendenti, di puntellare con le voci « variabili » ( di nome, non di fatto) retribuzioni tutt’altro che generose.
In un contesto del genere i dirigenti usano spesso le pagelle come strumento per mantenere la pace sociale negli uffici, e già che ci sono estendono questo quadro omologato anche ai propri giudizi, e di conseguenza alle proprie retribuzioni di risultato. Perché anche se dalla riforma Brunetta di 15 anni fa ( Dlgs 150/ 2009) il pallino dovrebbe essere in mano agli “organismi indipendenti di valutazione”, pensati proprio nel tentativo di svincolare le pagelle dagli interessi interni alla Pa, a dominare il quadro è ancora un sistema autoreferenziale che non lascia spazio alle “valutazioni fra pari” per i dirigenti né alla misurazione del grado di soddisfazione di cittadini e interlocutori esterni. L’esatto contrario di quanto chiesto dal ministro per la Pa Paolo Zangrillo nell’ultima direttiva del novembre scorso: i cui risultati saranno misurati nel prossimo esame della Corte dei conti.