Terapie avanzate verso nuovi modelli di accesso
Si stima che entro il 2030 potrebbero essere lanciate fino a 60 nuove terapie avanzate a livello globale, che potrebbero riguardare complessivamente 350.000 pazienti. È uno dei dati che danno il senso del grande cambiamento in atto nelle possibilità di cura, di cui si è parlato ieri a Roma al convegno “Terapie avanzate: dalla sostenibilità ai modelli organizzativi sul territorio”, organizzato dall’Istituto superiore di sanità e AssobiotecFederchimica - durante il quale si è ricordato come siano necessari dei cambiamenti organizzativi perché queste novità della ricerca abbiano l’importante impatto che promettono. L’ultimo report di Alliance Regenerative Medicines parla di più di 1.900 trial nel mondo, di cui 112 già in fase 3, e di 360 studi clinici in Europa, con una cinquantina in fase preautorizzativa. L’Italia ha sempre avuto un ruolo chiave: tra le prime terapie avanzate approvate dall’Ema ben 4 sono frutto della ricerca italiana. E oggi l’impegno prosegue con importanti investimenti economici e 23 studi clinici in corso nel 2022 nell’ambito delle malattie rare, quelle neurodegenerative e i tumori.
« Con riferimento agli impatti economici in Italia - commenta Fabrizio Greco, presidente di Assobiotec - recenti analisi riportano per l’anno 2023 una spesa compresa tra i 132 e 264 milioni di euro, fino ad arrivare a una spesa a carico del Ssn tra 905 e 1.810 milioni di euro per l’anno 2027. È dunque evidente la necessità di preparare i sistemi sanitari ad accogliere questa innovazione attraverso un tavolo di confronto permanente fra tutti gli attori del sistema salute per costruire un nuovo modello organizzativo capace di garantire equità di accesso e cura » .
« Dobbiamo lavorare - aggiunge il presidente dell’Aifa, Robert Giovanni Nisticò - perché sostenibilità delle terapie avanzate e accessibilità vadano di pari passo » . E rispetto al prontuario farmaceutico afferma che « va sicuramente sfoltito » , in accordo con quanto sostiene da anni il farmacologo Silvio Garattini secondo il quale più della metà dei prodotti contenuti nel prontuario sono duplicazioni, ripetizioni o non più utili.