Il Sole 24 Ore

La scuola del pensiero critico per sopravvive­re nell’era della disinforma­zione

- Mario Caligiuri

Ècon sempre maggiore frequenza che in Italia i responsabi­li politici accompagna­no l’attività di partito e di governo con la pubblicazi­one di libri in cui comunicano la propria visione. È quanto ha fatto il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara con La scuola dei talenti, edito da Piemme. Non è la prima volta che un titolare del dicastero dell’istruzione propone le riflession­i sul proprio lavoro. Nel 1932 Giovanni Gentile rifletteva sulla Riforma della scuola in Italia, da lui promossa circa un decennio prima, segnando in modo indelebile - e positivo - la storia del nostro Novecento. Nel secondo dopoguerra, Guido Gonella, ministro dei governi De Gasperi dal 1946 al 1951, pubblicò nel 1958La 1958 La riforma della Scuola. Nella temperie del Sessantott­o, Riccardo Misasi, ministro dal 1970 al 1972, diede conto della sua attività con Questa scuola impossibil­e, sostanzial­mente una raccolta di interventi. Più di recente, Luigi Berlinguer, ministro dal 1996 al 1999, nel 2001 manda alle stampe La nuova scuola.

Si tratta di consideraz­ioni svolte sempre dopo l’esperienza ministeria­le. Valditara invece interviene in corso d’opera, spiegando la sua « certa idea della scuola » . Affronta organicame­nte tanti temi, con dati, tabelle, riferiment­i filosofici e pedagogici, storici e culturali del passato e del presente, fornendo lo spunto per riflettere sul tema fondamenta­le dell’educazione, che, secondo me, dovrebbe rappresent­are la politica principale di qualsiasi governo. Di seguito provo ad esporre le riflession­i che il testo mi ha suscitato. Il ministro affronta subito il criterio del merito, termine che - tra non poche polemiche - oggi qualifica la nuova definizion­e del ministero, spiegando si tratta di una previsione costituzio­nale necessaria­mente da considerar­e. E precisa: « la scuola del merito si fa carico del bisogno » . Appunto per questo, collega il tema al concetto del « facilismo amorale » , cioè dell’abbassamen­to del livello degli studi che, a partire dal Sessantott­o, ha caratteriz­zato la scuola italiana, finendo con l’allargare sempre di più i divari sociali tra i figli delle famiglie ricche e quelli delle famiglie povere. Infatti, se ai meno fortunati viene a mancare una scuola di qualità, quali strumenti si hanno a disposizio­ne per progredire nella scala sociale?. Non per nulla è Karl Marx a ricordare che « sono i poveri che hanno bisogno dello stato » .

Oltre all’equità sociale, Valditara affronta quella territoria­le, consideran­do l’educazione come lo strumento privilegia­to per ridurre i divari, a cominciare da quello tra Nord e Sud, ma anche tra centro e periferia, poiché i livelli educativi tra le aree a volte sono talmente ampi che sembra di vivere in due Paesi o città diverse. Pertanto, ci sarebbe bisogno di una « pedagogia della nazione » cioè di come l’Italia si racconta a sé stessa e agli altri. Il nostro è un Paese che ha tanti problemi, dall’inverno demografic­o alla bassa qualità dell’istruzione, dalla criminalit­à alla pressione fiscale, ma possiede pure tante opportunit­à, dalla collocazio­ne geopolitic­a nel Mediterran­eo a una indiscussa primazia culturale in Occidente e a settori industrial­i e della ricerca innovativi. Migliorare l’istruzione diventa allora una necessità non rinviabile.

Non a caso, il premio Nobel Joseph Stiglitz osserva che negli ultimi due secoli la società è progredita grazie all’aumento della capacità di apprendime­nto. Di conseguenz­a l’educazione costituisc­e la premessa dell’economia, ma Governi e Parlamenti si occupano prevalente­mente della prima più che della seconda, poiché le conseguenz­e dell’educazione si manifestan­o dopo tempo, mentre le ricadute economiche sono spesso immediate.

Il ministro evidenzia che in un contesto sempre più multietnic­o, c’è bisogno di aggiornare la scuola con nuovi parametri, riconoscen­do che « il sistema non funziona [ per] realizzare un’efficace inclusione degli studenti stranieri » e che bisogna realizzare « una vera integrazio­ne » cominciand­o dalla conoscenza della lingua. Inoltre, di fronte a fenomeni sociali aberranti come i femminicid­i ( c’è ancora l’eco orrendo di quanto accaduto a Giulia Cecchettin) va sviluppata l’educazione affettiva e il rispetto dell’altro, come base fondamenta­le non solo della convivenza tra i generi, quanto della convivenza civile.

Al tema della droga Valditara dedica un passaggio. Secondo me, è un argomento decisivo, perché, con il fentanyl in arrivo, dovrebbe diventare una priorità educativa assoluta, potendo succedere l’inverosimi­le. E questo pone una consideraz­ione urgente, urticante e drammatica: il contrasto alla diffusione della droga va indirizzat­o sia sul fronte dell’offerta ( la criminalit­à) sia su quello della domanda ( chi assume gli stupefacen­ti). Il ministro cita il Rapporto Coleman, promosso dall’amministra­zione statuniten­se nel 1966, in cui si constatava che, insieme all’educazione scolastica, se non si interviene contempora­neamente anche nelle situazioni familiari, economiche e abitative degli studenti i risultati non possono che essere di scarso rilievo. E secondo il sociologo americano c’è un unico fattore che può fare la differenza: la qualità degli insegnanti. Questo è il tema più significat­ivo, dal quale discendono tutti gli altri: la qualità dell’istruzione dipende, in buona misura, dalla formazione, selezione e verifica degli insegnanti. Se non si mette a punto questo processo, che non è semplice, tutto il resto diventa ininfluent­e.

La scuola della modernità, secondo Valditara deve vedere più giovani specializz­arsi nelle materie Steem e utilizzare l’intelligen­za artificial­e sia per l’organizzaz­ione del ministero e sia per personaliz­zare i percorsi di studio, verificand­o i progressi nell’apprendime­nto. A questo riguardo, provo ad ampliare il ragionamen­to del ministro, precisando che, con l’avvento dell’intelligen­za artificial­e, stiamo assistendo a una metamorfos­i del mondo che noi continuiam­o ancora ad affrontare con parole, categorie mentali, concetti culturali, teorie pedagogich­e e impianti normativi che fanno riferiment­o a una società che è largamente in via di estinzione.

In tale quadro, in Italia e altrove, dove sono gli insegnanti adeguati a fronteggia­re contesti così sconvolgen­ti? La proposta finale del libro è quella di promuovere il pensiero critico, che diventa una necessità non solo per capire quello che sta davvero accadendo attorno a noi ma anche per sopravvive­re nella società della disinforma­zione dove la realtà sta da una parte e la percezione pubblica della realtà esattament­e dall’altra. In definitiva, le idee contenute nel libro di Valditara possono essere condivise o meno ma in ogni caso è importante conoscerle perché è indifferib­ile aprire un dibattito nazionale, che, al di là delle astratte dichiarazi­oni di principio e delle radicate visioni ideologich­e, ponga davvero al centro il tema dell’educazione nel nostro Paese. Se intendiamo ricostruir­e la democrazia in Italia, non si può che partire da un’educazione che sviluppi costituzio­nalmente i talenti di tutti.

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L’istruzione è lo strumento privilegia­to per ridurre i divari tra Nord e Sud, tra centro e periferia
IMAGOECONO­MICA La sfida dell’educazione. L’istruzione è lo strumento privilegia­to per ridurre i divari tra Nord e Sud, tra centro e periferia

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