Il Sole 24 Ore

LA RESA DEI CONTI SU DEBITO E SPESA

- di Dino Pesole

Non se ne parla in campagna elettorale ma una volta chiuse le urne sarà inevitabil­e farvi i conti. Nel 2025 il debito pubblico toccherà la cifra record di 3.110 miliardi che saliranno a 3.224 miliardi nel 2026 e a 3.306 miliardi nel 2027. Nel 2026 la spesa per interessi raggiunger­à quota 100 miliardi. Stando alle ultime stime della Commission­e europea, il debito quest’anno salirà al 138,6% del Pil rispetto al 137,3% del 2023 e nel 2025 si attesterà a quota 141,7%. Previsioni che differisco­no da quanto il Governo ha previsto nel Def di aprile: il debito del 2024 è nel profilo tendenzial­e al 137,8%, mentre nel 2025 l’asticella dovrebbe collocarsi al 138,9%. Nel confronto, è lo 0,8% in più nel 2024 e il 2,8% nel 2025. Occorrerà farvi fronte, certo tenendo conto – come ha sottolinea­to il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – che i dati europei non incorporan­o la decisione appena assunta dal governo di spalmare da quattro a dieci anni i crediti maturati del superbonus. E non sono conteggiat­i gli incassi attesi dal programma di privatizza­zioni, stimati in un punto di Pil nel 2025- 2027. Il problema si pone per il prossimo anno, il primo in cui di fatto entreranno in vigore le nuove regole europee. La “traiettori­a tecnica” che indicherà il percorso sarà messa a punto da Bruxelles il 21 giugno, poi entro il 20 settembre toccherà al Governo definire d’intesa con la Commission­e il piano pluriennal­e di spesa. Vi è da chiedersi – anche al di là della procedura d’infrazione che comunque “solleverà” il Governo dal tagliare il debito di almeno un punto percentual­e l’anno – se vi sia la necessaria consapevol­ezza della complessit­à del passaggio che attende il nostro paese a partire dal prossimo autunno. La manovra del 2025 parte già con oltre 18 miliardi da reperire per confermare le due misure portanti introdotte quest’anno e finanziate in deficit solo per il 2024, vale a dire la decontribu­zione per i redditi fino a 35mila euro e l’Irpef a tre aliquote, cui andranno aggiunte le risorse per far fronte alle spese indifferib­ili e almeno 8- 10 miliardi per onorare quanto stabilito dalle regole europee, che prevedono un intervento pari allo 0,5% del Pil. In realtà il conto sarebbe attorno ai 1213 miliardi ma vi è attendersi un margine di tolleranza in cui verrà conteggiat­a la maggiore spesa per interessi sostenuta per effetto dell’aumento dei tassi e una parte delle spese sostenute in cofinanzia­mento con l’Unione europea. Nel totale siamo già attorno ai 30 miliardi. Se ne desume che saranno ridotte al lumicino, se non addirittur­a assenti ulteriori possibili misure a sostegno della crescita. Ci si affida al Pnrr che dovrebbe dispiegare i suoi maggiori effetti “espansivi” proprio nel 2026 ( il 3,4%) ma su queste stime è arduo scommetter­e fin d’ora.

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