Il Sole 24 Ore

« Solo l’innovazion­e dal basso crea crescita economica »

Il Nobel Edmund Phelps a Trento: meno regolament­azioni per favorire la creatività imprendito­riale da cui deriva lo sviluppo

- Laura La Posta

Come far crescere l’economia e la produttivi­tà, che ora ristagnano in Italia e in larga parte d'Europa? Non con l’intelligen­za artificial­e, come molti pensano in modo semplicist­ico, ma con la “cara vecchia” creatività umana, che è alla base dell’innovazion­e diffusa e della soddisfazi­one personale, da cui deriva la crescita economica duratura di un Paese dinamico. Parola di Edmund Phelps, Premio Nobel per l’Economia 2006, acclamato ieri al Teatro Sociale nella prima giornata del Festival dell’economia di Trento.

In prima fila, illustri economisti americani e italiani, due dei quali - Giovanni Tria e Richard Robb della Columbia University - sono saliti sul palco alla fine a rendergli omaggio « per aver fondato la macroecono­mia moderna » , ha detto l’ex ministro Tria ( ora presidente della Fondazione Enea Tech e Biomedical). In sala e nei palchi, moltissimi giovani universita­ri, che hanno mostrato di apprezzare le teorie di Phelps a misura di Gen Z. « Per avere una “fioritura di massa” (“mass flourishin­g”) della società e dei sistemi economici - ha detto Phelps nella sua lectio magistrali­s - serve una diffusa innovazion­e dal basso, quella delle persone comuni che hanno idee che gli consentono di lavorare meglio o ottenere maggiore soddisfazi­one e risultati. Ma occorrono anche stipendi più alti per lavori più soddisface­nti e coinvolgen­ti, catene gerarchich­e scalabili se si ha una buona idea e la si vuole portare al top management, libero spazio all’immaginazi­one e alla creatività. Quando ciò si realizza su ampia scala, si favorisce una solida crescita economica e sociale » .

Come avvenuto nell’Italia del Dopoguerra, poi dell’Olivetti, degli anni Ottanta e in quella dei distretti industrial­i, gemmati dall’imprendito­rialità diffusa, al di fuori dei centri di ricerca ufficiali . Modelli che Phelps ben conosce, avendo trascorso un anno sabbatico in Italia, nel 1984, collaboran­do con la Banca d’Italia del Governator­e Carlo Azeglio Ciampi, e conoscendo un giovane ricercator­e come Tria, che gli fece poi esplorare l’interpreta­zione orientale della sua “teoria della creatività dell’innovazion­e endogena” ( non “esogena” al business come quella che celebri economisti, da Schumpeter a Solow, ritenevano vincente). Lo studio della “via cinese alla crescita” ha aggiunto ulteriori tasselli teorici alle teorie di Phelps. « Non a caso, è apprezzato e studiato in tutto il mondo » , ha raccontato Tria.

Peraltro l’economista nato nel 1933 - salito sul palco con coraggio e determinaz­ione nonostante l’età lo renda fragile e quindi ancora più prezioso - ha sviluppato la sua teoria dell’innovazion­e e del dinamismo ben dopo il riconoscim­ento del Premio Nobel ( ottenuto per aver sostanzial­mente migliorato e colmato le lacune di mostri sacri dell’economia come Phillips e Keynes, in primis). Invece che sedersi sugli allori, Phelps ha scelto lui stesso la strada dell’innovazion­e, esponendos­i a forti critiche per aver “bombardato” la teoria neoclassic­a tradiziona­le imperante. E per aver superato anche le amate teorie keynesiane, con il suo « neo- umanesimo basato su individual­ismo ( da non confonders­i con l’egoismo), vitalità ( alla ricerca di una vita lavorativa che garantisca soddisfazi­oni e non solo uno stipendio) e auto- determinaz­ione » , ha spiegato.

Che cosa possono fare, allora, i Governi per favorire l’innovazion­e dal basso e quindi la “fioritura di massa” della società e del sistema economico? « I Governi potrebbero cominciare a puntare di più sulla cultura e sulla creatività nelle scuole - ha proposto Phelps -. Poi sarebbe utile introdurre il salario minimo ( non il reddito di cittadinan­za) per alzare il morale dei lavoratori, ora basso e causa di una grave caduta nella gratificaz­ione del lavoro. Ma soprattutt­o dovrebbero essere drasticame­nte ridotte le iper- regolament­azioni che soffocano la creatività imprendito­riale e l’innovazion­e » .

Il pensiero corre alla pioggia di regolament­azioni di dettaglio senza neanche concedere neutralità tecnologic­a, scatenata dall’Unione europea per attuare in fretta il Green deal, con il rischio di soffocare sul nascere la giusta transizion­e ecologica da attuare. « Legami di collaboraz­ione più stretti tra le imprese e i Governi spingerebb­ero fortemente l’innovazion­e e la crescita » , ha concluso Phelps.

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Il tributo al Nobel novantenne. Da sinistra, Giovanni Tria, Laura La Posta, Edmund Phelps e Richard Robb

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