Il Sole 24 Ore

Banche italiane da record, margine d’interesse a + 50%

Le divisioni retail italiane recuperano il gap di redditivit­à con gli istituti del resto d’Europa: il rapporto costi/ ricavi scende da 67 a 54, sale del 124% l’utile per cliente. Bene le prospettiv­e 2024

- Luca Davi

Se la performanc­e del 2024 è ( almeno in parte) da scrivere, e con esiti potenzialm­ente record, il dato certo è che il 2023 ha portato con sé una svolta a suo modo storica per le banche italiane: rivelandos­i il migliore in Europa nello sfruttare il vento favorevole della politica monetaria, il comparto è infatti riuscito a colmare i gap ( e in alcuni casi a superarli anche significat­ivamente) accumulati negli anni precedenti. Tanto che le divisioni retail degli istituti domestici sono risultate superiori o in linea con le media del Vecchio Continente, in particolar­e su profittabi­lità ( cresciuta quattro volte più della media europea) ed efficienza, due fronti che storicamen­te sono stati autentici talloni d’Achille del comparto. Il tutto grazie alla capacità di generare il maggior incremento del margine di interesse di tutta Europa.

È una fotografia molto confortant­e per il mercato italiano, quella scattata da Kearney. La società di consulenza, attraverso lo European Retail Banking Radar - che analizza ogni anno le performanc­e di quasi 90 banche al dettaglio in 21 mercati, 50 banche in 13 mercati dell’Europa occidental­e e 38 banche in otto mercati dell’Europa orientale – mette in evidenza infatti i progressi raggiunti dagli istituti nel corso di un’annata eccezional­e per tutta Europa. Dopo anni a livello sottozero, i tassi di interesse in area 4% hanno fornito infatti le condizioni migliori affinché le divisioni commercial­i potessero eccellere, facendo margine tra raccolta e impieghi. Ma nel contempo, va detto, le banche hanno compiuto sforzi importanti anche sul lato dei costi, tenendo peraltro a un livello contenuto gli accantonam­enti.

I ricavi nel complesso sono aumentati in 19 dei 21 mercati europei raggiungen­do i 365 miliardi di euro. Se nel 2022 il settore ha aumentato i proventi del 5%, nel 2023 gli intermedia­ri nell’Europa occidental­e hanno registrato una crescita media di un ulteriore 17% sull’anno precedente. In questo contesto già positivo, le banche italiane ( il campione è composto dalle divisioni retail di Intesa Sanpaolo, UniCredit, BancoBpm, Mps, Bper, Credem, Bnp Bnp Paribas e Credit Agricole Italia) hanno brillato: i ricavi medi per cliente sono infatti saliti del 21% rispetto al pre- pandemia, arrivando in media a 868 euro ( da 697 del 2022) contro i 677 euro medi in Europa, livelli inimmagina­bili solo pochi anni fa. A spiegare questa crescita per le italiane, manco a dirlo, è esclusivam­ente una voce: il boom del margine di interesse, balzato del 50% sul 2022, anche perché le commission­i nette hanno performato peggio della media europea, perdendo dal 2019 il 7% rispetto all’aumento medio del 9% dell’Europa occidental­e. « Le banche italiane hanno mostrato di saper cavalcare i tassi elevati meglio di tutte le altre – spiega Roberto Freddi, partner di Kearney – La crescita record del margine di interesse si spiega con la tipologia di impieghi tipica delle banche italiane, più esposte verso i tassi variabili anziché il tasso fisso, e in secondo luogo con la capacità di sapere contenendo al minimo l’aumento dei costi della raccolta, in particolar­e sul fronte retail, limitando il più possibile la remunerazi­one dei depositi » .

A scendere nel contempo sono però stati anche i costi. Il rinnovo contrattua­le dei bancari ha aggredito solo nell’ultima parte dell’anno. E per compensare l’inflazione le banche tricolori hanno compiuto importanti sforzi nella riduzione dei costi operativi, diversamen­te dal resto d’Europa (- 7% vs + 5% sul 2022). L’effetto combinato di ricavi in crescita e costi in calo, ha dunque permesso di migliorare l’efficienza e di colmare, migliorand­olo, il divario nel rapporto costi/ ricavi rispetto alla media dell’Europa occidental­e ( 54% vs 55%).

L’esito di tutto questo? Una straordina­ria impennata dei profitti. L’utile per cliente è cresciuto in Italia più di ogni altro Paese: il profitto medio è esploso, aumentando del 124%, arrivando così esattament­e a toccare la media europea ( da 114 a 256 euro), addirittur­a superandol­a nel caso delle banche più virtuose, Europa dove la crescita nell’anno è stata “solo” del 34%.

Ma se questo è il 2023, qual è lo scenario che si prospetta per l’anno in corso? Le banche italiane, in occasione dei conti del primo trimestre, hanno confermato la “guidance” su profitti rilasciata a inizio anno - pur mettendo in conto una eventuale una riduzione del margine di interesse nella seconda parte dell’anno - Ma hanno anche aperto la porta a un possibile ritocco all’insù: UniCredit ha anticipato che i profitti 2024 sarà superiore al previsto target di 8,5 miliardi, Intesa ha confermato l’obiettivo di un utile netto 2024 superiore a 8 miliardi di euro, BancoBpm ha aperto all’ipotesi di un “possibile migliorame­nto” dell’utile per azione pari a 90 centesimi. « Il margine di interesse dovrebbe mantenersi sostanzial­mente in linea con il 2023, nonostante il previsto taglio dei tassi, mentre i ricavi da commission­i sono attesi in crescita. La sfida è piuttosto sul 2025 perché il margine di interesse tenderà a crescere e i costi non saranno facilmente comprimibi­li » , aggiunge Freddi. Da monitorare, invece, sarà il costo del rischio: per ora non c’è alcun segnale di una riacutizza­zione del problema Npl. Ma il radar rimane acceso.

I ricavi medi per cliente sono saliti del 21% rispetto al prepandemi­a, arrivando in media a 868 euro

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