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rroccato su uno sperone di roccia circondato su tre lati dalle acque dell’adda, il castello di Trezzo è stato per secoli un avamposto di frontiera sul confine orientale del Ducato di Milano, dove le terre lombarde incontravano quelle venete. La struttura deve gran parte della sua fama alla sinistra figura di Bernabò Visconti (sotto): fu quel violento e sanguinario signore di Milano a trasformarla in fortezza, a partire dal 1365, progettando l’ala occidentale come residenza privata e dotando il complesso di un sistema di gallerie sotterranee che scendevano fino alle acque dell’adda, 35 m più in basso.
La possente struttura venne arricchita da un ponte fortificato a piani sovrapposti, largo più di 8 m, che scavalcava il fiume grazie a un unica campata di 72 m. I resti, visibili ancora oggi (nell’incisione in alto della pagina a fronte), sono quelli della rocca voluta da Bernabò, che vi morì nel 1385, probabilmente avvelenato, dopo un periodo di detenzione seguito alla congiura ordita dal nipote, Gian Galeazzo. Bernabò fu attirato con l’inganno fuori dalla Pusterla di Sant’ambrogio, a Milano, e arrestato; quindi Gian Galeazzo e i suoi s’impadronirono dei punti chiave della città. In seguito, fecero trasferire lo zio nella lontana Trezzo, dove nessuno avrebbe potuto farlo fuggire. Il 18 dicembre, a Bernabò venne servita una zuppa di fagioli, che lo portò alla morte tra atroci sofferenze.
Spiriti vaganti
Leggenda vuole che nel maniero circolino numerosi fantasmi: forse di una fanciulla che si buttò dalla torre perché impossibilitata a coronare il suo sogno d’amore; forse dello stesso Bernabò o delle pulzelle che sarebbero state gettate nel pozzo dopo aver passato un’ultima notte “d’amore” nel letto del crudele signore.