CCI E E I M I i suicidi, coloro
La paura dei trapassati risale alla notte dei tempi. el Medioevo, che morivano in circostanze sospette o erano afetti da strane malattie a volte venivano sepolti con rituali macabri. er evitare che tornassero a tormentare” i vivi
L’archeologia ci ha restituito una casistica assai numerosa di defunti che, all’atto della deposizione nel sepolcro, erano stati legati con corde, stoffe o cinghie di cuoio. Nonostante i lacci non si siano conservati, essendo stati realizzati con materiali deperibili, hanno comunque lasciato tracce permanenti sullo scheletro e ne hanno determinato la posizione nella tomba, che risulta piegata o contratta in modo innaturale. In altri casi i cadaveri erano stati sottoposti a mutilazione post mortem (amputazione degli arti, decapitazione), oppure giacevano appesantiti da pietre o accompagnati da oggetti come chiodi, spine, paletti acuminati e amuleti, dall’evidente valore apotropaico. Ma quali erano le ragioni di pratiche tanto macabre?
Gli antropologi hanno documentato, in tutte le culture e le epoche, l’esistenza di radicate credenze secondo cui i defunti, in situazioni particolari, potevano rappresentare, anche dopo la loro inumazione, un pericolo per la società, tornando a tormentare i vivi. Testimonianza di queste convinzioni si ritrovano sia nella pratica funeraria che nel folclore. Esempio tipico è la credenza nel vampirismo, divenuto popolare nell’inghilterra vittoriana e destinato al successo planetario dopo la pubblicazione, nel 1897, del romanzo epistolare Dracula. La trama del libro di Bram Stoker (1847-1912) echeggia remoti fatti storici (l’epopea del principe quattrocentesco Vlad III di Valacchia, detto l’impalatore, baluardo contro l’espansione dei Turchi nei Balca
6opra, lo scheletro di una delle streghe bambine” di lbenga. ella pagina a fronte sopra, in una stampa
cintuecentesca, il defunto inumato con il sudario legato da una corda, per impedirgli Tualsiasi movimento. ell’ovale, il diavolo cerca di accaparrarsi le anime di bambini
morti da poco. ni e nel resto d’europa), incrociati a una serie di leggende popolari romene, che Stoker aveva fatto sue grazie a un’approfondita ricerca storica e folcloristica.
Chi torna dalle tenebre
Le radici del terrore per i revenants, cioè per “coloro che ritornano”, sono complesse e affondano nell’antichità più remota. A destare preoccupazione erano gli individui per i quali l’inevitabile passaggio dalla vita alla morte non si era svolto in maniera serena e naturale. I primi a preoccupare erano i cosiddetti casi di “malamorte”, ovvero quando il decesso avveniva all’improvviso sia per malattia (per esempio un colpo apoplettico), sia per incidente od omicidio (nel caso delle donne, anche durante il parto). Altri indiziati di una possibile trasformazione in “ritornanti” erano i suicidi e i delinquenti che avevano subìto la pena capitale: entrambi, infatti, avevano violato la legge sia umana che divina, e su chi si era tolto la vita pendeva anche l’aggravante di aver interrotto deliberatamente il corso della propria esistenza, compiendo un peccato mortale.
C’era poi chi era deceduto in stato di scomunica, come gli eretici e le presunte streghe, i cui corpi non potevano essere seppelliti in terra consacrata, ma venivano deposti in un luogo appartato dal resto della comunità, in “terra maledetta”. Il sospetto vigeva anche nei confronti di chi apparteneva a fedi religiose diverse da quella cristiana oppure si presentava con qualche caratteristica fisica particolare, rara e considerata “anomala”: chi aveva i capelli rossi, per esempio, era ritenuto vicino al demonio, mentre chi aveva difetti e malformazioni evidenti appariva agli occhi degli altri come un “diverso”. Il terrore che tutti costoro, una volta defunti, potessero tornare dalla tomba era presente e vivo, e rendeva necessario procedere a una serie di azioni mirate a evitarlo.
Che cosa si poteva fare per scongiurare il rischio di questi inopportuni, spaventevoli e poco auspicabili ritorni? La necropoli di Casalecchio di Reno, a 6 km da Bologna, utilizzata in varie epoche e da popolazioni diverse come area cimiteriale, ci regala alcune risposte. Nella porzione di necropoli che si può far risalire alla tribù celtica dei Boi (siamo verso la metà del IV secolo a.c.), ben 37 delle 97 sepolture presentano scheletri caratterizzati da nette tracce bruno-nerastre in determinati punti delle ossa. Secondo gli archeologi, questi segni non sono che i resti di legature realizzate con fasce di cuoio della larghezza di diversi centimetri, poste attorno ai corpi dei defunti per assicurarsi che questi individui non potessero più camminare.
Gli scavi relativi alla parte di necropoli di epoca romana (databile tra il II e il IV secolo d.c.), invece, hanno rivelato che nelle sepolture a inumazione (il 76% su un totale