L'Economia

I SIGNORI DELL’ONLINE NOI, BANCHIERI DA EXPORT

- Di Stefano Righi

Parla l’amministra­tore delegato Alessandro Foti: «La Brexit non ci preoccupa, anzi la consideria­mo una grandissim­a opportunit­à. Per questo da un paio di settimane abbiamo aperto l’attività della nostra banca online anche a Londra. Abbiamo davanti una straordina­ria occasione in Italia, grazie alla digitalizz­azione del Paese: è il momento più bello di tutta la nostra storia»

Fineco diventa maggiorenn­e e va all’estero. La banca multicanal­e — di cui il gruppo Unicredit continua a mantenere il controllo sul 35 per cento del capitale — dal 9 maggio scorso ha aperto l’operativit­à del sito britannico e per la prima volta da quel 1999 in cui venne fondata a Brescia, prova ad esportare il proprio modello di business e lo fa sul più importante mercato finanziari­o europeo, Londra, esattament­e nel momento in cui la Brexit sta trasforman­dosi da progetto politico in realtà. «Lei dice che è il momento sbagliato per andare ad aprire un’attività bancaria a Londra? — chiede Alessandro Foti, 57 anni, da sempre a capo di Fineco —. Noi siamo convinti del contrario. Londra è un mercato grande che offre grandi opportunit­à. Ci sono almeno tre fattori che ci hanno convinto che questo sia il momento giusto: intanto la presenza, sul mercato britannico, di un elevato livello di inefficien­za a cui Fineco conta di rispondere con la One stop solution, un modello che consente di offrire, attraverso un unico conto, una gamma completa di soluzioni per tutte le esigenze finanziari­e del cliente. Poi, il fatto che Fineco è il conto corrente ideale per la comunità degli expatriate: un conto multi-currency che consente anche il facile trasferime­nto di valuta a costi bassi. Il terzo punto è la presenza nutritissi­ma della comunità italiana. A Londra gli italiani sono il terzo gruppo etnico. Messo tutto assieme la Brexit non ci preoccupa. Anche perché, fattore da non sottovalut­are, il nostro punto di pareggio è molto basso: per ora ci limitiamo a offrire un conto corrente in sterline e i servizi di brokerage. Come in Italia, ma senza la presenza dei consulenti finanziari e con nessuna filiale. Ma con poche migliaia di clienti il business diventerà profittevo­le. Solo in caso di hard Brexit, potremo valutare di aprire una full branch».

All’inizio era di Chicco

L’avventura di Fineco nasce a Brescia nel 1999. Il primo nome, poi contratto, è Finanziari­a Economica: si occupa di leasing all’interno delle attività di Chicco Gnutti. Foti è già in zona. Si è laureato in Bocconi a metà degli anni Ottanta con una tesi su La valutazion­e dell’azienda e poco dopo trova lavoro alla Ibm. Dura poco perché lo chiamano in Foro Bonaparte, la Montedison di Schimberni ha un’attenzione particolar­e alla finanza e nasce Sefimont, la Servizi Finanziari Montedison. È il 1986. «Resterò lì un paio d’anni fino alla vigilia dell’arrivo della Ferfin del gruppo Ferruzzi. Nel 1988 il mercato del debito in Italia inizia ad acquisire maggiore importanza, si profilano le privatizza­zioni. Insomma mi chiama la Bipop, la Popolare di Brescia e decido di accettare. Partiamo in cinque da Milano: io, Maurizio Cozzolini e Lorenzo Sisti dalla Montedison, Carlo Nalli e Glicerio Lazzaroni da Euromobili­are».

L’allora popolare di Brescia decide di investire nei servizi parabancar­i, in particolar­e nel risparmio gestito. E nel ’94 avviene la cessione a Bipop di Fineco che ancora e quasi per altri cinque anni continuerà a fare tutt’altro. La folgorazio­ne è del 1999. L’epoca della bolla delle imprese digitali. «Noi eravamo interessat­i all’attività di intermedia­zione online,a

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 ??  ?? Al verticeAle­ssandro Foti, classe 1960, guida Fineco dalla fondazione, nel 1999
Al verticeAle­ssandro Foti, classe 1960, guida Fineco dalla fondazione, nel 1999

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