I SIGNORI DELL’ONLINE NOI, BANCHIERI DA EXPORT
Parla l’amministratore delegato Alessandro Foti: «La Brexit non ci preoccupa, anzi la consideriamo una grandissima opportunità. Per questo da un paio di settimane abbiamo aperto l’attività della nostra banca online anche a Londra. Abbiamo davanti una straordinaria occasione in Italia, grazie alla digitalizzazione del Paese: è il momento più bello di tutta la nostra storia»
Fineco diventa maggiorenne e va all’estero. La banca multicanale — di cui il gruppo Unicredit continua a mantenere il controllo sul 35 per cento del capitale — dal 9 maggio scorso ha aperto l’operatività del sito britannico e per la prima volta da quel 1999 in cui venne fondata a Brescia, prova ad esportare il proprio modello di business e lo fa sul più importante mercato finanziario europeo, Londra, esattamente nel momento in cui la Brexit sta trasformandosi da progetto politico in realtà. «Lei dice che è il momento sbagliato per andare ad aprire un’attività bancaria a Londra? — chiede Alessandro Foti, 57 anni, da sempre a capo di Fineco —. Noi siamo convinti del contrario. Londra è un mercato grande che offre grandi opportunità. Ci sono almeno tre fattori che ci hanno convinto che questo sia il momento giusto: intanto la presenza, sul mercato britannico, di un elevato livello di inefficienza a cui Fineco conta di rispondere con la One stop solution, un modello che consente di offrire, attraverso un unico conto, una gamma completa di soluzioni per tutte le esigenze finanziarie del cliente. Poi, il fatto che Fineco è il conto corrente ideale per la comunità degli expatriate: un conto multi-currency che consente anche il facile trasferimento di valuta a costi bassi. Il terzo punto è la presenza nutritissima della comunità italiana. A Londra gli italiani sono il terzo gruppo etnico. Messo tutto assieme la Brexit non ci preoccupa. Anche perché, fattore da non sottovalutare, il nostro punto di pareggio è molto basso: per ora ci limitiamo a offrire un conto corrente in sterline e i servizi di brokerage. Come in Italia, ma senza la presenza dei consulenti finanziari e con nessuna filiale. Ma con poche migliaia di clienti il business diventerà profittevole. Solo in caso di hard Brexit, potremo valutare di aprire una full branch».
All’inizio era di Chicco
L’avventura di Fineco nasce a Brescia nel 1999. Il primo nome, poi contratto, è Finanziaria Economica: si occupa di leasing all’interno delle attività di Chicco Gnutti. Foti è già in zona. Si è laureato in Bocconi a metà degli anni Ottanta con una tesi su La valutazione dell’azienda e poco dopo trova lavoro alla Ibm. Dura poco perché lo chiamano in Foro Bonaparte, la Montedison di Schimberni ha un’attenzione particolare alla finanza e nasce Sefimont, la Servizi Finanziari Montedison. È il 1986. «Resterò lì un paio d’anni fino alla vigilia dell’arrivo della Ferfin del gruppo Ferruzzi. Nel 1988 il mercato del debito in Italia inizia ad acquisire maggiore importanza, si profilano le privatizzazioni. Insomma mi chiama la Bipop, la Popolare di Brescia e decido di accettare. Partiamo in cinque da Milano: io, Maurizio Cozzolini e Lorenzo Sisti dalla Montedison, Carlo Nalli e Glicerio Lazzaroni da Euromobiliare».
L’allora popolare di Brescia decide di investire nei servizi parabancari, in particolare nel risparmio gestito. E nel ’94 avviene la cessione a Bipop di Fineco che ancora e quasi per altri cinque anni continuerà a fare tutt’altro. La folgorazione è del 1999. L’epoca della bolla delle imprese digitali. «Noi eravamo interessati all’attività di intermediazione online,a