INVIDIE TRANSATLANTICHE LA GEOPOLITICA DI GOOGLE
Lo scontro tra la Commissione Ue e il gigante di Mountain View andrà avanti per anni E quando si arriverà a una conclusione la realtà sarà probabilmente cambiata Una battaglia inutile che però allarga la distanza tra Europa e Usa. Un assist a Trump
Si ha sempre più spesso l’impressione che la Ue e i Paesi europei siano impegnati a fornire argomenti e motivi di scontro a Donald Trump. Il quale non perde occasione per approfittarne. Nelle settimane scorse è stato il caso della polemica sulle spese per la Difesa nell’ambito della Nato, troppo basse da parte dei partner del Vecchio Continente, e delle accuse del presidente americano alla Germania per la scelta di partecipare al gasdotto Nordstream 2 controllato dalla russa Gazprom. Per quanto possano essere lette come strumentali, le critiche della Casa Bianca sono fondate. La settimana scorsa si è aperto un nuovo fronte, la multa di 4,3 miliardi di euro comminata a Google dalla Commissaria alla Concorrenza Margarethe Vestager. Trump l’ha attaccata duramente. Ha anche in questo caso delle ragioni?
Sul piano strettamente tecnico, del merito, la realtà è complessa. Quando distribuisce ai produttori di smartphone il sistema Android, Google vi applica automaticamente il suo motore di ricerca, il suo browser Chrome, il suo app store. Si prende un vantaggio sui concorrenti (che protestano, anche con la Ue). Lo giustifica sostanzialmente con due argomenti: il primo dice che Android è distribuito gratuitamente, ha alti costi di sviluppo e di miglioramento, avvantaggia gli utenti che infatti lo apprezzano; il secondo argomento dice che niente impedisce a chi usa uno smartphone con sistema Android (l’80% del mercato) di scaricare un browser diverso, un altro motore di ricerca, qualsiasi app. In più, Google sottolinea che un’alternativa non insignificante esiste: l’iphone di Apple. La signora Vestager e gli esperti della Ue sostengono al contrario che le pratiche commerciali di Google in questo business sono di posizione dominante, che limitano la concorrenza e quindi frustrano l’innovazione. Da qui, dopo tre anni di indagine, la multa e, soprattutto, l’imposizione di cambiare modello di business per quel che riguarda Android.
Nel merito, sembrano esserci argomentazioni forti da un lato e dall’altro: sarà una lunga battaglia di tecnici e avvocati. Ci sono però alcune questioni di fondo che arrivano prima della battaglia legale. Una è la concezione della politica antitrust. All’inizio del decennio, le pratiche di Google erano già state messe sotto inchiesta dall’americana Federal Trade Commission, la quale continua a tenere sotto osservazione la società di Mountain View ma non ha aperto una caso di antitrust. È che, quando si trattano le questioni di posizione monopolistica, nella Ue prevale l’approccio che guarda soprattutto alla concorrenza tra produttori; in America si tende invece a valutare innanzitutto i benefici ai consumatori. Non solo: negli Stati Uniti il dibattito sulle politiche antitrust è continuo, in particolare in relazione al rapporto tra i giganti hi-tech e l’innovazione, con teorie secondo le quali in gran parte dei casi gli interventi delle autorità hanno effetti più negativi che positivi, soprattutto in un settore in evoluzione rapidissima come quello digitale.
In effetti, l’iniziativa della Ue contro Google ha ottime probabilità di venire superata dalle prossime innovazioni prima di arrivare a una conclusione nei tribunali: intelligenza artificiale, riconoscimento vocale e altro cambieranno i termini del mercato così come la tecnologia mobile ha terminato il dominio del browser di Microsoft, l’explorer, contro il quale la Commissione Ue produsse un altro grande caso di antitrust. Con la possibile nascita di protagonisti hi-tech diversi da quelli dominanti oggi.
Google è certamente un potere da tenere sotto osservazione per come usa contenuti prodotti da altri o per come controlla parti consistenti della pubblicità digitale. Volerla fermare su Android, come intende fare Bruxelles, sembra però non solo discutibile nel merito ma anche velleitario: una battaglia per qualcosa che tra non molto non esisterà probabilmente più. Infatti, il titolo della società di Mountain View non ha particolarmente risentito dell’iniziativa della signora Vestager. In compenso, l’iniziativa Ue ha aperto un nuovo fronte di scontro transatlantico. Trump ha avuto l’occasione per ribadire che gli europei approfittano dell’america e delle sue grandi società. «Ma non per molto», ha assicurato.
Il caso Google entra così nello scontro tra i due poli dell’occidente, diventa parte dello scontro commerciale voluto dal presidente americano. Le iniziative degli ultimi anni della Ue contro Google, Apple, Amazon, Microsoft, Intel, Qualcomm sono da anni viste negli Stati Uniti come pratiche commerciali scorrete, decise da un continente che non riesce a competere e a creare giganti nell’hi-tech e quindi attacca Silicon Valley e le multinazionali americane. È una battaglia di retroguardia. Probabilmente inutile e quindi poco saggia.