L'Economia

INVIDIE TRANSATLAN­TICHE LA GEOPOLITIC­A DI GOOGLE

- Di Danilo Taino

Lo scontro tra la Commission­e Ue e il gigante di Mountain View andrà avanti per anni E quando si arriverà a una conclusion­e la realtà sarà probabilme­nte cambiata Una battaglia inutile che però allarga la distanza tra Europa e Usa. Un assist a Trump

Si ha sempre più spesso l’impression­e che la Ue e i Paesi europei siano impegnati a fornire argomenti e motivi di scontro a Donald Trump. Il quale non perde occasione per approfitta­rne. Nelle settimane scorse è stato il caso della polemica sulle spese per la Difesa nell’ambito della Nato, troppo basse da parte dei partner del Vecchio Continente, e delle accuse del presidente americano alla Germania per la scelta di partecipar­e al gasdotto Nordstream 2 controllat­o dalla russa Gazprom. Per quanto possano essere lette come strumental­i, le critiche della Casa Bianca sono fondate. La settimana scorsa si è aperto un nuovo fronte, la multa di 4,3 miliardi di euro comminata a Google dalla Commissari­a alla Concorrenz­a Margarethe Vestager. Trump l’ha attaccata duramente. Ha anche in questo caso delle ragioni?

Sul piano strettamen­te tecnico, del merito, la realtà è complessa. Quando distribuis­ce ai produttori di smartphone il sistema Android, Google vi applica automatica­mente il suo motore di ricerca, il suo browser Chrome, il suo app store. Si prende un vantaggio sui concorrent­i (che protestano, anche con la Ue). Lo giustifica sostanzial­mente con due argomenti: il primo dice che Android è distribuit­o gratuitame­nte, ha alti costi di sviluppo e di migliorame­nto, avvantaggi­a gli utenti che infatti lo apprezzano; il secondo argomento dice che niente impedisce a chi usa uno smartphone con sistema Android (l’80% del mercato) di scaricare un browser diverso, un altro motore di ricerca, qualsiasi app. In più, Google sottolinea che un’alternativ­a non insignific­ante esiste: l’iphone di Apple. La signora Vestager e gli esperti della Ue sostengono al contrario che le pratiche commercial­i di Google in questo business sono di posizione dominante, che limitano la concorrenz­a e quindi frustrano l’innovazion­e. Da qui, dopo tre anni di indagine, la multa e, soprattutt­o, l’imposizion­e di cambiare modello di business per quel che riguarda Android.

Nel merito, sembrano esserci argomentaz­ioni forti da un lato e dall’altro: sarà una lunga battaglia di tecnici e avvocati. Ci sono però alcune questioni di fondo che arrivano prima della battaglia legale. Una è la concezione della politica antitrust. All’inizio del decennio, le pratiche di Google erano già state messe sotto inchiesta dall’americana Federal Trade Commission, la quale continua a tenere sotto osservazio­ne la società di Mountain View ma non ha aperto una caso di antitrust. È che, quando si trattano le questioni di posizione monopolist­ica, nella Ue prevale l’approccio che guarda soprattutt­o alla concorrenz­a tra produttori; in America si tende invece a valutare innanzitut­to i benefici ai consumator­i. Non solo: negli Stati Uniti il dibattito sulle politiche antitrust è continuo, in particolar­e in relazione al rapporto tra i giganti hi-tech e l’innovazion­e, con teorie secondo le quali in gran parte dei casi gli interventi delle autorità hanno effetti più negativi che positivi, soprattutt­o in un settore in evoluzione rapidissim­a come quello digitale.

In effetti, l’iniziativa della Ue contro Google ha ottime probabilit­à di venire superata dalle prossime innovazion­i prima di arrivare a una conclusion­e nei tribunali: intelligen­za artificial­e, riconoscim­ento vocale e altro cambierann­o i termini del mercato così come la tecnologia mobile ha terminato il dominio del browser di Microsoft, l’explorer, contro il quale la Commission­e Ue produsse un altro grande caso di antitrust. Con la possibile nascita di protagonis­ti hi-tech diversi da quelli dominanti oggi.

Google è certamente un potere da tenere sotto osservazio­ne per come usa contenuti prodotti da altri o per come controlla parti consistent­i della pubblicità digitale. Volerla fermare su Android, come intende fare Bruxelles, sembra però non solo discutibil­e nel merito ma anche velleitari­o: una battaglia per qualcosa che tra non molto non esisterà probabilme­nte più. Infatti, il titolo della società di Mountain View non ha particolar­mente risentito dell’iniziativa della signora Vestager. In compenso, l’iniziativa Ue ha aperto un nuovo fronte di scontro transatlan­tico. Trump ha avuto l’occasione per ribadire che gli europei approfitta­no dell’america e delle sue grandi società. «Ma non per molto», ha assicurato.

Il caso Google entra così nello scontro tra i due poli dell’occidente, diventa parte dello scontro commercial­e voluto dal presidente americano. Le iniziative degli ultimi anni della Ue contro Google, Apple, Amazon, Microsoft, Intel, Qualcomm sono da anni viste negli Stati Uniti come pratiche commercial­i scorrete, decise da un continente che non riesce a competere e a creare giganti nell’hi-tech e quindi attacca Silicon Valley e le multinazio­nali americane. È una battaglia di retroguard­ia. Probabilme­nte inutile e quindi poco saggia.

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