La ricetta europea di Mediaset (l'altra faccia del caso Tim)
Una chiave continentale, con Tf1 e Prosiebensat, per affrontare il calo dei ricavi dei media
Afuria di gridare al pericolo per l’invasione degli «Over the top», si rischia di non inquadrare con precisione un problema che non è imminente ma già, purtroppo, attuale. La contrazione dei ricavi nel mercato dei media, in particolare per la tv generalista, sta accelerando, complice anche la frenata o la diversa allocazione, della pubblicità (-2,4% in Europa per i canali tv). La rivoluzione, insomma, è in atto e procede anche a gran velocità, come dimostra la battaglia tra Comcast e Disney per la conquista di Sky, vinta dall’operatore via cavo più grande degli Usa che ora può spingere sulla «convergenza» tra rete e contenuti. Dall’altra parte dell’oceano la situazione è più complessa. La scorsa settimana la tedesca Prosiebensat ha annunciato un profit warning, in Francia l’emittente nazionale France Television rischia di dover chiudere una rete e anche la concorrente Canal+, di proprietà di Vivendi, non sta certo brillando. In Italia gli occhi sono puntati tutti sulla Mediaset di Piersilvio Berlusconi che in questo quadro, soprattutto dopo aver stretto l’accordo per la pay tv con Sky, sembra tutt’altro che rimanere ferma. Ha stretto un’intesa con Tf1 e Prosiebensat e ha iniziato a ragionare su come procedere in questo nuovo scenario. In quest’ambito è stato esaminato uno schema, su cui il Biscione ha messo a lavorare lo Studio Chiomenti, per creare una holding in Olanda in cui consolidare l’alleanza e mettere insieme la proprietà di Mediaset e Telecinco, di Tf1 e di Prosiebensat. La prima fa capo alla famiglia Berlusconi, la seconda alla dinastia industriale dei Bouygues, mentre l’emittente tedesca è una public company e questo rende un po’ più complicata l’architettura del progetto, anche dal punto di vista della governance. La scelta di Amsterdam risponde a due esigenze: tutelare gli azionisti, che ricorrendo al diritto olandese possono esercitare il doppio voto, e garantire una governance che consente a ognuno dei soci di gestire in piena autonomia le singole attività nel loro Paese. Un «veicolo» ideale per aggregare altri broadcaster.
Il progetto è ancora allo studio, ma la logica «difensiva» è evidente: in un mercato sempre più competitivo in cui la base dei ricavi tradizionali si sta restringendo, cercare economie di scala è la prima regola. In questo caso ci sarebbe anche il vantaggio della scala europea, che significa porre le basi per rispondere all’avanzata di Netflix, di Amazon Prime e delle altre Ott. Al momento è azzardato pensarlo, ma anche Vivendi potrebbe finire per essere coinvolta. Non è un caso che nel momento in cui il livello dello scontro tra Vivendi ed Elliott in Tim ha raggiunto il suo picco con la cacciata di Amos Genish, sono ripartite la manovre di avvicinamento tra Parigi e Cologno.