L'Economia

DOMENICA IN FABBRICA 50 AZIENDE A PORTE APERTE

- Di Raffaella Polato

Sono già 10 mila gli italiani che, grazie all’iniziativa de L’economia e Italypost, hanno deciso di passare una giornata tra macchinari e showroom o laboratori di ricerca. Dal Nord al Centro-sud, per conoscere (e apprezzare) da vicino la nostra industria

Ametà della settimana scorsa, dunque dieci giorni prima dell’open Factory Sunday, parecchie aziende avevano già il tutto esaurito per ogni turno di visita. L’anteprima riservata agli studenti — l’open Factory Schools, i laboratori organizzat­i da alcune di quelle stesse aziende per venerdì 23 — è sold out da un po’. E e parliamo di 5 mila ragazzi iscritti. Per il bilancio finale, considerat­o il trend, le stime dicono che a passare una domenica pomeriggio visitando le «fabbriche aperte» potrebbero essere, in totale, 15 mila persone.

Non sono numeri piccoli. Non se si considera il contesto. A questo primo viaggio nel manifattur­iero italiano, organizzat­o per i lettori da L’economia del Corriere della Sera eda Italypost, partecipan­o 50 imprese (siano piccole e medie industrie o colossi multinazio­nali come Eni, Cnh Industrial o Nestlé). I loro «cancelli», domenica prossima, li apriranno per quattro ore (dalle 15 alle 19), e ci sono ovviamente dei turni di visita (per iscriversi: www.open-factory.it). In alcune fabbriche possono essere a ciclo quasi continuo (alla Siap-carraro di Maniago, Pordenone, iniziano addirittur­a ogni cinque minuti), in altre (dai centri di ricerca agli aeroporti) evidenti ragioni di sicurezza costringon­o a un numero chiuso molto più basso. Sintesi: il già quasi tutto esaurito e una media di 300 persone ad azienda — qualunque tipo di azienda: gli ingranaggi per motori sono richiesti quanto i Baci Perugina, le protesi ortopedich­e hi tech quanto il caffè Lavazza o il tour al Porto di Venezia, a capire per esempio come si gestisca la movimentaz­ione di merci per 25 milioni di tonnellate l’anno — non possono essere liquidati come irrilevant­i.

Se questa prima edizione di Open Factory è un test, e lo è, accende una spia che conferma tanti altri segnali in arrivo da tante altre realtà dell’industria Italia. Da un lato c’è un numero crescente di imprendito­ri e manager, di ogni dimensione e ogni settore, che vuole farsi conoscere sul territorio in cui opera: e lì non c’è pubblicità o spot che tenga, l’unico modo (unico se si scommette sulla trasparenz­a) è aprire le porte della fabbrica, far incontrare le persone che ci lavorano ogni giorno, mostrare cosa fanno e come e dove finisce (sui mercati mondiali, in genere) ciò che producono. Dall’altro lato — quello più significat­ivo, probabilme­nte — c’è gente, tanta, che vuole conoscere, e decide di passare una domenica pomeriggio dentro uno stabilimen­to, un laboratori­o, un’azienda di consulenza hi tech per capire direttamen­te che cosa significhi «fare impresa» oggi. È anche questa una forma di orgoglio del lavoro. E togliamoci pure ogni possibile sfumatura di retorica: in tempi di reddito di cittadinan­za, non è qui che va cercata.

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