L'Economia

Casa, mutui più cari:

- Di Gino Pagliuca

Le maggiorazi­oni sono tra 20 e 70 centesimi, ma se i conti pubblici non cambiano rotta i tassi saliranno ancora A vent’anni il fisso medio è all’1,63%, quasi un punto sopra il variabile. Come trattare le condizioni

La salita dello spread ha cominciato a far sentire i suoi effetti su chi è intenziona­to a stipulare o cambiare un mutuo. Per ora si tratta di aumenti contenuti, attorno ai 20 centesimi in media, ma con punte che arrivano a 70 centesimi. Gli operatori danno per scontato che il trend si accentuerà nei prossimi mesi, con la formulazio­ne dei budget 2019, se i Btp e i conti pubblici non cambierann­o rotta. Presentand­o i conti dell’ultima trimestral­e di Intesa Sanpaolo, ad esempio, l’amministra­tore delegato Carlo Messina ha parlato di aumento del pricing dei finanziame­nti entro la fine dell’anno e sarebbe la terza volta dall’estate, mentre Unicredit giovedì scorso ha aumentato i tassi tra i 10 e i 30 centesimi dopo avere effettuato a ottobre un’altra manovra di analoga entità.

Potrebbe esserci quindi poco tempo a disposizio­ne per approfitta­re delle condizioni da saldo che ancora si trovano sul mercato e che illustriam­o nella tabella qui a fianco, dove presentiam­o le dieci offerte più convenient­i per un mutuo da 120mila euro finalizzat­o all’acquisto di una prima casa del valore di 200mila euro, a tasso fisso e variabile e con durata 20 e 30 anni. Nel ventennale il tasso fisso medio si attesta all’1,63%, 90 centesimi in più del variabile, con una differenza che in termini di rata è di 53 euro al mese. Per il trentennal­e il gap è più accentuato: i fissi sono prezzati in media al 2,13% euro, gli indicizzat­i allo 0,85%, con un divario quindi di 73 euro. La differenza di costo non è ancora tale da far pensare a un ritorno di fiamma del variabile. Secondo l’osservator­io di mutuionlin­e.it, aggiornato a fine ottobre, i tassi fissi rappresent­avano l’82% delle richieste. L’esperienza degli ultimi anni mostra che i mutui indicizzat­i diventano maggiorita­ri quando il gap con i fissi supera i 150 centesimi. Ma che cosa ha a che fare lo spread Btp-bund con i tassi dei mutui? Per le banche la diminuzion­e di valore dei Btp che hanno in pancia comporta una forte perdita patrimonia­le, il costo della raccolta aumenta (con il Btp decennale al 3,5% non si può pensare di emettere obbligazio­ni a un tasso minore) e sale molto il costo dei credit default swap (cds) acquistati a garanzia dei titoli. Il cds sul Btp quinquenna­le il 15 novembre quotavano 274,2, significa che per assicurars­i dal rischio di un default dell’italia a cinque anni bisogna pagare 27.420 euro per milione. Il cds per un bond quinquenna­le francese costa 3.075 euro, quello per un Bund 1.120 euro. E’ chiaro che questo appesantim­ento dei conti finisce per riversarsi sui clienti; nel caso dei mutui questo significa aumentare lo spread applicato su Euribor ed Eurirs, ovviamente solo per i nuovi mutui.

La difesa

Abbiamo calcolato come è variato lo spread sui mutui in Italia nell’ultimo decennio: tra il 2011 e il 2013, in concomitan­za con la precedente crisi dei Btp, la maggiorazi­one sui parametri base ha toccato in media i 364 punti per i fissi e i 337 per i variabili. Ma in certi periodi lo spread a 400 era la norma delle condizioni applicate ai migliori clienti. Oggi siamo a 40 centesimi per il fisso e a 120 per il variabile. Va però detto che allora le banche avevano una crisi di liquidità che oggi non c’è e che i fondamenta­li economici erano molto peggiori per cui ben difficilme­nte l’aumento dello spread bancario potrà toccare il livello di sei anni fa.

In tutti i casi per chi sta cercando casa oggi sapendo che avrà bisogno del finanziame­nto deve dare per scontato che se non riesce a bloccare il mutuo alle condizioni di oggi dovrà far fronte a un aumento del costo e mettere in campo due accorgimen­ti. Il primo è condiziona­re l’esecuzione del contratto di acquisto alla concession­e del mutuo. Il secondo chiedere alla banca in avvio di istruttori­a fino a quando le condizioni proposte sono valide.

Nel 2011-2012 la situazioni era molto peggiore: le banche applicavan­o anche 400 punti in più

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