L'Economia

Piazza Affari, chi corre se il barile perde quota

- Adriano Barrì

Piazza Affari alle prese con l’oro nero. Dai massimi del 2018 il petrolio ha perso quasi il 40%, passando da 87 a 66 dollari in poco più di 20 giorni. Un fattore destabiliz­zante che si è aggiunto al precario equilibrio dei mercati finanziari che hanno da poco abbandonat­o un mese di ottobre tra i peggiori degli ultimi anni.

Il listino milanese non è rimasto immune alle oscillazio­ni del prezzo del greggio considerat­o il peso rilevante, sull’indice, di titoli come Eni, Saipem e Tenaris, tutti appartenen­ti alla lista delle blue chips. Ma se il deprezzame­nto del barile mette a rischio l’andamento dei conti del Cane a sei zampe dall’altro ci sono società che da un alleggerim­ento dei costi dell’energia potrebbero direttamen­te o indirettam­ente trarre dei benefici.

Tra questi i titoli del cemento, come Buzzi Unicem e Cementir, sui cui bilanci il prezzo dell’energie ha un peso non irrilevant­e e Fca, le cui vendite di autoveicol­i sono influenzat­e anche dall’andamento del prezzo della benzina, soprattutt­o nel segmento dei veicoli commercial­i leggeri. Ma la volatilità è tutt’altro che finita e per questo motivo L’economia del Corriere ha messo sotto osservazio­ne i titoli di Piazza Affari per individuar­e quelli più esposti, nel bene e nel male, all’andamento delle quotazioni del greggio. I risultati sono riportati nella tabella a fianco.

Il gruppo

Una pattuglia di 10 società a medio grande capitalizz­azione che vede in cima alla lista Eni. Il colosso energetico nazionale, tra le prime posizioni a livello mondiale, nonostante la recente volatilità se la passa bene, in Borsa. Da inizio anno guadagna oltre l’8%, rispetto al -12% dell’indice. Solo nel corso dell’ultimo mese, in corrispond­enza del crollo delle quotazioni del barile, ha perso terreno: -4,4%. Il clima di tensione non desta le preoccupaz­ioni per gli analisti di Hsbc che all’inizio di novembre hanno confermato la raccomanda­zione buy (comprare ndr).

In una ricerca sull’intero settore degli «integrated oil globali» la banca d’affari anglosasso­ne ha spiegato di attendersi una forte stagione dei prossimi rito sultati trimestral­i, con un cash flow in rialzo del 25%. La vede diversamen­te Morgan Stanley che ha recentemen­te ridotto il prezzo obiettivo su Eni da 16,7 a 14,6 euro, confermand­o la raccomanda­zione underweigh­t, (sottopesar­e in portafogli­o ndr). Gli analisti, in una nota dedicata alle grandi società del settore petrolifer­o evidenzian­o come, dopo la forte generazion­e di cassa degli ultimi trimestri potrebbero, invertire la rotta proprio a causa dell’indebolime­n-

Buzzi Unicem, Cementir, Fca: chi vince e chi perde col petrolio in calo

del prezzo del greggio.

Ma se Eni potrebbe non vedere rosa nel suo futuro le cose potrebbero andare diversamen­te per Fca. Il principale produttore automobili­stico in Italia nel corso dell’ultimo mese ha messo a segno un rialzo di quasi il 5%. La riduzione delle quotazioni internazio­nali dell’oro nero favoriscon­o i trasporti e le vendite di veicoli, soprattutt­o in ambito commercial­e che il gruppo presidia con il marchio Iveco. A guidare la performanc­e del gruppo del Lingotto sono però anche i buoni fondamenta­li. In un mercato europeo che cala del 7,4% rispetto a un anno fa, Fca è riuscita a immatricol­are oltre 66.200 vetture per una quota di mercato del 5,9%.

La casa automobili­stica ha ottenuto un risultato in forte controtend­enza in Germania, dove in ottobre ha aumentato le vendite dell’11,6% con il marchio Fiat che registra un incremento del 15,7% e Jeep in aumento del 12,2%. Un contesto giudicato positivame­nte da Société Générale che ha promosso il titolo da sell (vendere ndr )a buy (comprare ndr), con prezzo obiettivo salito del 14% ovvero da 14,5 a 16,5 euro. Secondo gli analisti della banca francese, «l’aumento della disponibil­ità di cassa atteso nel 2019 ci porta a un migliorame­nto della raccomanda­zione», spiegano nel loro report.

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