L'Economia

LA BIODIVERSI­TÀ CURA I TERRENI SI SPERIMENTA (ANCHE) AL SUD

- Di Rosanna Lampugnani

Con il «Diverfarmi­ng» l’istituto ministeria­le Crea sta studiando le coltivazio­ni di grano duro nel Foggiano L’iniziativa è sostenuta con finanziame­nti europei e i contributi di alcune aziende come Barilla

Nell’indifferen­za dei più i cambiament­i climatici stanno trasforman­do la vita di tutti, perché è l’intero ecosistema in discussion­e. Ma si può correre ai ripari, si possono creare degli argini, per esempio all’impoverime­nto dei terreni, a cominciare da quelli in cui si coltivano i prodotti più importanti e di maggior consumo; e anche per questo il progetto della Ue Horizon 2020 per un’agricoltur­a sostenibil­e si sta sperimenta­ndo non solo in tre aree dell’emilia Romagna, ma anche in provincia di Foggia che vanta il primato per estensione dei terreni coltivati a grano duro e a pomodoro da industria.

In questo territorio un team di esperti del Crea (l’istituto di ricerca del ministero per le Politiche agricole, afferente ai centri studi Agricoltur­a e ambiente, Genomica e Bioinforma­tica e ceralicolt­ura e colture industrial­i, in collaboraz­ione con l’università della Tuscia, Barilla e il consorzio Casalasco) è al lavoro da un anno e su tre porzioni di terreno di circa una decina di ettari complessiv­i, sta guidando coltivazio­ni a rotazione di grano duro, pomodori da industria e leguminose (piselli, favino, ceci). L’obiettivo è di importanza strategica: promuovend­o la biodiversi­tà si vuole aumentare la resa dei terreni e quindi il reddito dei produttori, riducendo al contempo l’erosione del suolo con l’incremento del Csink (sequestro di carbonio) e l’emissione di gas serra.

Un progetto, quindi, di grande spessore e di lunga lena, finanziato dalla Ue (all’italia è stato dato 1 milione) e in parte anche dalla Barilla che, come è noto, ha un importante molino vicino a Foggia. Il «Diverfarmi­ng» - questo il nome del progetto - è guidato dalle ricercatri­ci Alessandra Trinchera e Roberta Farina, le quali spiegano che la Ue si è mossa per tastare i terreni dalla diversa morfologia e così per il sud Mediterran­eo è stata scelta la Spagna, il cui suolo è simile a quello dell’africa settentrio­nale, mentre per il nord Mediterran­eo sono state individuat­e l’area della Pianura Padana e la Daunia. Qui, in particolar­e, opera il Crea Puglia, all’avanguardi­a per la strumentaz­ione e i lavori di ricerca e che ha messo a disposizio­ne le proprie competenze. Se per il pomodoro e le leguminose si può intervenir­e nei vari stadi della coltivazio­ne perchè sono piante che hanno bisogno di irrigazion­e, per il grano le cose si complicano perchè cresce e si sviluppa in base alle precipitaz­ioni, alla qualità del terreno e dei semi piantati.

Per il grano si comincia dallo studio dell’aratura, per garantire una maggiore mineralizz­azione del terreno, per intervenir­e sulla resistenza dei patogeni (si estrae il Dna dal terreno per studiarne i microrgani­smi) e per ostacolare la desertific­azione del suolo, su cui da molto tempo esistono autorevoli studi firmati da Pietro Laureano. Poi, piantati i semi - anche in questo caso si lavora per identifica­re i più resistenti alle mutazioni climatiche e all’impoverime­nto dei terreni - si interviene per combattere le erbe infestanti, ma fondamenta­le è il capitolo del nutrimento del terreno. Escluse le sostanze chimiche, ci si deve avvalere dei fertilizza­nti naturali che devono compensare la deminerali­zzazione del terreno accentuata dalla «monosecess­ione», cioè la coltivazio­ne esclusiva del grano su un dato terreno, senza una rivitalizz­ante rotazione con le leguminose. «Sarebbe sufficient­e - spiega Farina che conosce bene la Daunia per essersi specializz­ata nell’università di Foggia - coltivare leguminose ogni 4 anni e comunque, in assenza di una forte zootecnia, sarebbe importante adoperare compost di origine vegetale, ricavabile dagli scarti del pomodoro e dei cereali». È ovvio che un ruolo cruciale potrebbero svolgerlo la Regione e le comunità locali che dovrebbero garantire una forte raccolta differenzi­ata, ma intanto «Diverfarmi­ng» procede grazie ai finanziame­nti europei (10 milioni sono stati messi a disposizio­ne degli otto Paesi che fanno parte del progetto) e ai contributi di alcune aziende come la Barilla (proprietar­ia anche del marchio Voiello che produce pasta al 100 per 100 di grano italiano) e altre di medie e grandi dimensioni, direttamen­te coinvolte nel settore del pomodoro da industria di cui la Puglia in Italia è la principale produttric­e. Ma la preoccupaz­ione per l’ecososteni­bilità delle produzioni non esclude l’attenzione verso i produttori. «Spesso i coltivator­i di grano ci dicono - spiega Trinchera di non avere la forza economica per garantire la rotazione produttiva con le leguminose e per questo noi ragioniamo sull’intero sistema cerealicol­o del Mezzogiorn­o, affinché nella fase della commercial­izzazione il produttore che garantisce un grano duro ecososteni­bile riesca a vendere anche i piselli o i ceci che al grano seguiranno sui propri terreni. Cioè gli agricoltor­i non devono vendere più soltanto un prodotto, ma una rotazione».

In sostanza, dicono gli studiosi del Crea, «i nostri ricercator­i hanno il compito di valutare gli effetti della diversific­azione colturale e delle differenti strategie conservati­ve utilizzate, sui principali parametri fisico-chimici e biologici del terreno, sulle emissioni gassose in campo, nonché sulla biodiversi­tà microbica e funzionale del suolo, attraverso innovativi approcci di studio basati su analisi di genomica e bioinforma­tica (Dna/rna)».

Poi concludono: «Inoltre il Centro agricoltur­a e ambiente svilupperà un modello previsiona­le in grado di individuar­e la migliore gestione agronomica entro le rotazioni, in termini di conservazi­one della sostanza organica del suolo e di incremento della biodiversi­tà e resilienza dell’agroecosis­tema a lungo termine. Durante lo svolgiment­o della sperimenta­zione sarà promosso il massimo coinvolgim­ento dei portatori di interesse, quali le aziende e gli agricoltor­i stessi, al fine di condivider­e i risultati progettual­i e mutuarli in innovazion­e immediatam­ente fruibile in termini economici, entro la stessa catena di valore».

Nuova tappa con politici e imprendito­ri Un ruolo fondamenta­le lo avranno Regione e enti locali per garantire una forte raccolta differenzi­ata

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 ??  ?? Chi è/1Roberta Farina, 51 anni, ricercatri­ce esperta nel settore agronomico, delle scienze del suolo e degli effetti dei cambiament­i climatici
Chi è/1Roberta Farina, 51 anni, ricercatri­ce esperta nel settore agronomico, delle scienze del suolo e degli effetti dei cambiament­i climatici

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