E al Tesoro è scattato l’allarme sull’incertezza delle imprese
l nostro Paese ha varcato definitivamente le «colonne d’ercole» che lo portano nel mare aperto di una procedura d’infrazione europea. Tra gli uomini che al ministero dell’economia stanno seguendo giorno per giorno il percorso difficile della manovra, cercando di correggerne il tiro malgrado i veti politici e la schermaglia verbale con l’unione europea, si usa un’espressione molto efficace per descrivere la situazione attuale: «Siamo in terra incognita», con ciò volendo esprimere tutta la difficoltà di muoversi in un ambito le cui regole sono tutte da
Idecifrare. Perché è la prima volta che uno Stato dell’ue si vede respingere un progetto di bilancio da quando, nel 2013, le regole sono cambiate, cercando di superare l’asfittico criterio del deficit sotto il 3%, introdotto alla nascita dell’euro.
Fino a maggio scorso, malgrado i conti non fossero ritenuti a posto, sempre secondo la Commissione europea, non avevamo abbandonato il cammino virtuoso di correzione, esistendo «fattori rilevanti» che deponevano positivamente in questo senso. Un cammino che ora non è più rivendicabile, essendo lo scostamento eccessivo. L’assenza di una prassi consolidata di questa procedura, insieme con le incognite politiche dettate dal voto europeo di maggio, rendono imprevedibile lo sbocco della crisi. Ma se qualcuno pensa che questa incertezza giochi a nostro favore, al ministero dell’economia, dove il ministro Giovanni Tria e il direttore del Tesoro Alessandro Rivera hanno lavorato ai documenti di risposta a Bruxelles, cercando di lasciare aperto il dialogo, l’impressione è quella opposta. Non si tratta solo di temere gli effetti di tanta indeterminatezza sul livello dello spread, che sono evidenti. C’è anche un altro rischio che viene considerato a via XX settembre, e cioè che il perdurare dell’incertezza freni gli animal spirit degli imprenditori, con l’effetto di gelare gli effetti di una manovra che, tra interventi sulle tasse e incrementi della spesa, viene presentata come «espansiva», giocandosi tutto proprio sull’aumento della crescita. In tanta vaghezza ci sono due messaggi precisi che il Tesoro sta cercando di veicolare in questi giorni principalmente presso gli operatori finanziari. Il primo è diretto al mercato e suggerisce di non puntare su un’uscita dell’italia dall’euro, perché questa viene considerata irrealizzabile. L’altro, invece, è rivolto ai risparmiatori: quand’anche la procedura d’infrazione imponesse percorsi di rientro severi non si userà la scorciatoia della patrimoniale. L’uso della «bacchetta magica», si fa sapere, non è a calendario.