NON SOLO APPLE E MICROSOFT: LO SPAZIO PER L’ITALIA C’È
Nel pieno di una battaglia inutile tra Italia ed Europa su una manovra probabilmente altrettanto inutile per rilanciare la crescita, può apparire strano occuparsi di tecnologia e imprese. È quello che dovrebbe fare il governo invece di difendere una legge di Bilancio che può sì aiutare qualche italiano ad andare in pensione prima, e qualcun altro a non preoccuparsi eccessivamente se non ha un’occupazione, ma che di sicuro non agevola né la crescita né l’attività di chi crea sviluppo, vale a dire le imprese. È un dibattito che sembra riportare il Paese indietro ai tempi della crisi del debito sovrano, con spread a quote insostenibili e isolamento tra i nostri partner in Europa. Bruxelles viene vista come ostacolo invece che come fonte di opportunità. Si pensi appunto al digitale. E a quello che viene considerato dai nemici dell’europa uno dei punti della sua debolezza: l’eccesso di regole. Vero, ma solo superficialmente. Le regole sono quelle che garantiscono competizione e concorrenza leale. Ed è innegabile che l’europa abbia una marcia in più proprio sul fronte del digitale. Emblematico il fatto che sulla privacy e sulle garanzie necessarie da fornire ai consumatori che quotidianamente regalano i propri dati alle piattaforme di distribuzione, l’europa sia diventata un benchmark. Dopo i primi mal di pancia, a riconoscerlo sono stati prima Apple e poi Microsoft. E persino Facebook ha fatto trapelare di guardare al modello del General data protection regulation (Gdpr) come possibile punto di riferimento. Se poi si pensa che, come notato da John Thornhill sul Financial Times dello scorso 20 novembre, i settori più interessanti per il tech sono quelli pesantemente normati come la salute, la scuola, i trasporti, diventa chiaro come in Europa ci siano larghi spazi per Paesi e imprese che vogliano entrare massicciamente sui mercati dove dati e regole sono snodi decisivi. Ma bisognerebbe avere una politica industriale e un progetto paese. Che al momento non si vede.