NON SPRECHIAMO IL MARCHIO ITALIA (E NON VA BENE LO STOP ALLE DOMENICHE)
Grana, prosciutto. E passata di pomodoro. Francesco Mutti ha aggiunto una nuova specialità alla carta d’identità produttiva del suo territorio, la provincia di Parma. Da quando nel 1994, a 26 anni, è diventato amministratore delegato dell’azienda di famiglia, il suo pallino è diventato trasformare la salsa rossa da commodity a basso prezzo a prodotto di qualità. Oggi, a vedere gli scaffali del supermercato, l’obiettivo pare centrato. La sua passata costa più di quelle con i marchi della grande distribuzione. Ma si prende, a valore, poco meno del 30% del mercato in Italia e risulta la più venduta in Europa. Chi meglio di lui per tutelare gli interessi e le strategie dei prodotti di marca? Questo devono aver pensato le 200 aziende di Centromarca, l’associazione nata negli anni ‘60 per supportare le imprese «con un nome». Italiane e straniere. Da Barilla a Coca Cola, da Ferrero a Granarolo. Da mercoledì scorso Francesco Mutti è il nuovo presidente.
Come è riuscito a fare entrare Mutti nella galleria dei marchi più noti dell’alimentare? I suoi predecessori non c’erano riusciti...
«Selezione della materia prima. Con i datterini ci abbiamo messo cinque anni. Remunerazione del produttore superiore alla media, perché quello che conta è la qualità. Campi distanti al massimo 130 chilometri dal luogo di lavorazione. Ci vuole pazienza, tempo, costanza. Un progetto. Se sono qui oggi è proprio grazie a chi mi ha preceduto. Più che della mia azienda, però, preferirei parlare di Centromarca».
Le marche in tutti i settori hanno avuto vita difficile con la crisi. Quando il consumatore ha meno soldi in tasca la competizione si gioca di più sul prezzo...
«In verità i prodotti di marca se la sono cavata bene anche durante la crisi. In alcuni mercati sono in crescita costante. È vero, costano di più. Ma dietro c’è un valore aggiunto intrinseco. E il consumatore sa valutare la differenza. I consumi alimentari con la crisi sono diminuiti nel loro complesso. Ma alcuni marchi sono stati premiati anche negli anni più difficili».
Se l’italia fosse un marchio cosa farebbe per rilanciarlo?
«Intanto diciamo che l’italia resta un bellissimo marchio che ancora brilla all’estero. Vedo però che gli azionisti dell’impresa-italia investono poco e vogliono lo stesso buoni ritorni sugli investimenti. Inoltre i manager (anche quelli bravi) vengono delegittimati se non fanno quello