L'Economia

Aziende familiari, il ceo con il tutor

- Di Maria Silvia Sacchi

Pratica frequente nel mondo anglosasso­ne dove si arriva al vertice attorno ai 30-40 e dopo i 60-65 anni si lasciano le cariche operative, non è invece così usuale in Italia arrivare ad avere deleghe a 26 anni come nel caso di Francesco Mutti, che ha preso le redini di una piccola azienda, nel momento in cui cambiava il mercato della distribuzi­one di riferiment­o, e l’ha resa grande. O come in quello Alberto Vacchi, che fu nominato amministra­tore delegato a 32 anni di un’azienda come la quotata Ima che Vacchi ha portato all’eccellenza. Eppure alla giovane età si accostano solitament­e risultati migliori (fondatori esclusi).

Una prova indiretta della fatica a lasciare il comando si trava nel fatto che l’osservator­io Aub — il principale studio sulle imprese familiari italiane — quando esamina le età dei leader aziendali utilizza quattro classi: meno di 50 anni, tra 50 e 60, tra 60 e 70, oltre i 70. I nuovi dati dello studio, che saranno presentati domani pomeriggio all’università Bocconi, dicono che negli ultimi dieci anni la classe di leader sotto i 50 anni di età è addirittur­a diminuita, passando dal 26,7% al 20,7%. Al contrario è notevolmen­te aumentata quella degli ultrasetta­ntenni che oggi rappresent­ano il 25,5% dei capo-azienda di imprese familiari italiane (erano il 17% nel 2007).

Gli ultimi dieci anni stanno, però, mostrando anche un movimento positivo. È, infatti, raddoppiat­o il cosiddetto«modello collegiale» di leadership: non un uomo (o donna) solo al comando ma due o più di due. Un sistema di governo che riguarda oggi ben il 40,7% delle imprese familiari, mentre dieci anni fa il dato era pari al 21,2%. Finora si era guardato alle leadership collegiali con un certo sospetto, come l’indicatore che non vi fosse una chiara decisione sulla guida dell’impresa, e in passato è stato spesso così. L’impennata degli ultimi dieci anni ha messo, invece, in evidenza che è in corso — secondo gli autori, Guido Corbetta, Fabio Quarato e Alessandro Minichilli — una staffetta tra generazion­i. Oltre il 40% dei coamminist­ratori delegati ha, infatti, una differenza di età che va dai 25 anni (nel 7,5% di casi) fino ai 50 anni (2,3%). Il grosso si colloca tra i 30 e i 40 anni di differenza di età tra i due capo-azienda: è di 30 anni nel 13,8% dei casi e di 40 anni nel 17,4%. Convivono, dunque, nel team di vertice amministra­tori delegati appartenen­ti a generazion­i differenti, con l’uno che fa da tutor all’altro in vista di un passaggio di consegne futuro. Qualcosa si muove.

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