Dubai, super-hub corporate per Intesa Sanpaolo
La divisione Cib ha realizzato 1,51 miliardi di utile netto nei nove mesi Responsabile della Divisione Corporate e investment banking di Intesa Sanpaolo e amministratore delegato di Banca Imi
In uno scenario bancario italiano dove i numeri finali di bilancio sono talvolta risicati, c’è una realtà che nei nove mesi del 2018 ha realizzato un risultato netto di ben 1,51 miliardi di euro, con una crescita del 29,1% e oltre la metà dei proventi realizzati grazie clienti corporate basati oltreconfine, cioè con sede legale fuori dall’italia. Numeri da colosso bancario — anche a livello del panorama europeo — ma che non emergono di per sé in quanto rientrano nell’ambito di Intesa Sanpaolo, che nel suo complesso come gruppo ha chiuso i nove mesi con 3 miliardi di utile. Ma quegli 1,51 miliardi di euro — praticamente la metà dei risultati del colosso guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina — sono appunto prodotti dalla divisione di Corporate & investment banking, di cui fanno parte Banca Imi e l’area global corporate, che è affidata al top banker Mauro Micillo, responsabile della divisione e ceo di Imi da cinque anni.
Nella divisione — oltre che dall’attività corporate vera e propria, quella con i clienti con fatturato di oltre 350 milioni di euro nonché da Banca Imi — buona parte della spinta arriva dalle quattro filiali hub dalle quali vengono gestite le attività internazionali del gruppo, ovvero Londra, New York, Hong Kong e Dubai, dove operano non solo clienti italiani che hanno attività all’estero ma anche realtà locali.
Proprio a Dubai — l’hub di più recente costituzione, cinque anni fa, e anche quello che mostra una crescita di oltre il 50% all’anno — la banca è stata presente nei giorni scorsi con la Start Up Initiative, per presentare alcune imprese innovative, in particolare nell’economia circolare, che negli Emirati puntano a trovare capitali ma soprattutto commesse. L’area è in espansione: il Pil 2018 degli Emirati Arabi Uniti è atteso in crescita del 2,5%, mentre per il 2019 le attese sono di un +3,3% grazie anche al recupero delle attività legate agli idrocarburi, in contrazione ancora quest’anno dopo la frenata del 2017. I fenomeni da intercettare sono vari, spiegano Marco Trevisan, capo dell’hub di Dubai e Gianluca Cugno, global head dell’international department di Intesa Sanpaolo: l’expo 2020 a Dubai, i Mondiali di calcio 2022 in Qatar e poi il grande progetto Vision 2030 con la diversificazione dell’economia dal petrolio, che richiederanno enormi sforzi di potenziamento delle infrastrutture nell’intera penisola arabica. Basti pensare che proprio lì si sta sperimentando in questi mesi lo Hyperloop, il treno ad altissima velocità in gallerie senza aria nato dalla fantasia visionaria di Elon Musk, mentre Intesa partecipa alle opere per il nuovo aeroporto e per l’ampliamento della metro a Dubai. Intesa Sanpaolo inoltre, ha spiegato Micillo, può contare sulla filiale «onshore» di Abu Dhabi, aperta due anni fa e che opera in valuta locale, un vantaggio competitivo di cui godono solo un pugno di banche internazionali. Inoltre l’hub arabico coordina le attività anche in Turchia e in Africa, dove la banca sta crescendo e dove le imprese italiane trovano una sponda attraverso «l’italian desk» presente nelle varie filiali, una struttura che assiste in loco le imprese italiane che vogliono fare affari. Ma Intesa Sanpaolo sta nel frattempo guardando ancora più a Est: Micillo ha annunciato che è in programma di «trasformare entro il prossimo anno in un nuovo hub un ufficio di rappresentanza in un paese tripla A e dagli elevati tassi di crescita». Gli indizi portano verso l’australia, dove sono in cantiere importanti opere infrastrutturali. Nelle quali Intesa Sanpaolo vuole avere un ruolo. Accanto ai colossi mondiali.