PERICOLO CADUTA PERCHÉAPPLE&CO. ADESSOFANNOPAURA
Germania e Giappone e il raffreddamento della crescita in Cina, per esempio: tutti segnali negativi per le azione tecnologiche Usa, che esportano la maggioranza del loro fatturato. Senza dimenticare i timori per il rialzo dei tassi di interesse preannunciato dalla Fed, la banca centrale americana, che fa aumentare il rendimento delle obbligazioni rendendole più attraenti per gli investitori in cerca di sicurezza. «Le quotazioni delle azioni dei Faang, nel breve periodo, possono scendere ancora parecchio — dice David Giroux, capo delle strategie di investimento di T.roweprice —. Ma se si guarda al prossimi cinque-dieci anni, si vede che fra loro ce ne sono almeno due ancora con buone prospettive di crescita. Una è Amazon: grazie alla crescita dei profitti prevista in particolare per i servizi nella nuvola Aws (Amazon web services) il suo rapporto prezzo/utili sarà molto conveniente nel 2023, meno caro di quello di Walmart. L’altra è Alphabet: il business delle sue automobili autonome Waymo ha un’enorme potenzialità, oggi non sfruttate al meglio dal mercato. Invece non è chiaro il futuro di Apple, non solo perché la crescita a Cupertino è più lenta, ma anche perché è possibile che l’iphone diventi meno importante nelle nostre vite, come conseguenza di altre innovazioni».
Le strategie
Amazon ha appena siglato un accordo con Apple grazie al quale per la prima volta può vendere l’iphone sulla sua piattaforma: una mossa che potrebbe spingere le vendite dello smartphone targato Mela, non così brillanti negli ultimi mesi, e contribuire a un record di affari per Jeff Bezos nella già ricca stagione natalizia.
Varie incognite pesano però sui profitti di Amazon: l’impatto dell’aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora; l’agguerrita concorrenza da parte del gigante dei supermercati Walmart; o la nuova sfida nei servizi cloud da parte di Ibm, dopo l’acqui- sto di Red Hat.
Le azioni Apple sono le meno care fra le Faang, a 14,5 volte gli utili di quest’anno e 17 volte quelli previsti per il 2019. Agli analisti e investitori non è piaciuta la decisione di non fornire più i numeri sulle vendite degli iphone nei bilanci trimestrali, interpretata come un segno di debolezza. Secondo Jim Cramer, conduttore della trasmissione Mad Money per la tv finanziaria Cnbc, in questo modo passano invece in secondo piano le buone notizie sul boom dei profitti generati dai servizi Apple. Facebook è oggi il titolo più depresso a Wall Street, crollato di un terzo rispetto ai massimi di luglio. Il che si riflette anche sul morale dei dipendenti, pagati in gran parte con stock option: secondo un sondaggio interno, solo la metà si dichiara ottimista sul futuro del social network di Mark Zuckerberg; erano l’82% un anno fa. Il modello di business vacilla di fronte al problema di aumentare le entrate pubblicitarie rispettando la privacy degli utenti e alle nuove regole imposte dalle autorità europee , minacciate anche da quelle americane. E c’è chi invoca un cambio alla guida, visto che la responsabile operativa Sheryl Sandberg non si è mostrata all’altezza del ruolo.
Anche le quotazioni di Netflix si sono ridimensionate di circa un terzo dai massimi di giugno, ma sono ancora in rialzo di oltre il 30% da inizio 2018 e hanno quindi molto spazio per una correzione. Sui profitti pesano gli ingenti investimenti nella produzione di contenuti originali e la concorrenza di Disney che, acquistata 21st Century Fox, l’anno prossimo lancerà un servizio di streaming.
Alphabet-google ha finora tenuto meglio, ma il suo (quasi) monopolio sulla pubblicità digitale è minacciato dall’incursione in questo campo da parte di Amazon e anche di Apple. La crescita dei profitti nel 2019 dovrebbe scendere dal 19 al 6%, secondo le stime dell’agenzia Bloomberg. Resta un’ultima considerazione: valutazioni più realistiche delle Faang favoriranno il ritorno di interesse degli investitori per altri settori di Wall Street, non solo «di moda» ma più solidi? Oppure sono il campanello d’allarme per la fine del Toro, la fase di rialzo, ormai vecchia di quasi dieci anni?
Azioni in calo, anche di oltre il 20% per i big del tech da Facebook a Netflix, Mela inclusa. Gli investitori le stanno mollando? O è colpa del rallentamento globale?