Se sale (di più) la passione digitale delle imprese
L’osservatorio del Politecnico: investimenti hi tech su del 2,6% nel 2019
Se l’industria l’ha già denunciato, in questa manovra ci sono troppo pochi fondi per lo sviluppo digitale del Paese, dall’altro qualche indizio per ritenere che l’innovazione in Italia non si fermerà esiste. Merito delle aziende, piccole o medie, grandi o grandissime che, sostiene il nuovo Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2019 hanno in previsione di spendere il 2,6% in più in investimenti digitali. L’anno prossimo, dice lo studio, il budget Ict per quasi quattro imprese italiane su dieci aumenterà: è il terzo anno consecutivo con il segno più. Tra le priorità degli imprenditori: analisi dei big data, dematerializzazione e digitalizzazione dei flussi operativi, rinnovamento della pianificazione delle risorse d’impresa. L’altro dato interessante, rivela lo studio realizzato dagli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence e che sarà presentato, all’interno di un convegno dedicato, giovedì 29 novembre a Milano, è che l’innovazione spinge anche nuovi modelli di business, aperti e partecipativi. Così, il 33% delle imprese analizzate ha già realizzato iniziative di open innovation e una stessa quota collabora con startup. «Siamo a un punto di rottura: le nostre aziende magari hanno tergiversato, ma ora sanno che non si può tornare indietro, perché il digitale ha ormai pervaso ogni settore e attività — spiega Alessandra Luksch, direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence —. È un cambio culturale, oggi le imprese cercano interlocutori nuovi: startup, centri di ricerca e aziende non concorrenti, che si affiancano a quelli tradizionali. Il modello Amazon fa scuola: sperimentare e avventurarsi in settori anche diversi dal business originale».
La ricerca ha analizzato un panel di 2.300 aziende: a guidare il treno degli investimenti sono quelle di grandi dimensioni (tra 250 e mille dipendenti), che spenderanno il 4,8% in più, seguite dalle medie (tra i 50 e i 250 dipendenti), che metteranno sul piatto il 3,2% in più. La ricerca non quantifica i budget ma, assicura Luksch, «i numeri sono buoni, finalmente equiparabili a quelli di realtà europee più dinamiche».
Un po’ in ritardo restiamo comunque. Stima Anitec-assinform, l’associazione delle imprese Ict di Confindustria, che il mercato digitale in Italia quest’anno toccherà i 70 milioni di euro circa: in crescita del 2,3% sul 2017, ma meno di quanto avevano previsto gli analisti prima che iniziasse il rallentamento dell’economia. L’andamento per il 2019 (+2,8%) e per il 2020 (+3,1%), secondo Assinform, è invece legato alla continuità dei provvedimenti e agli incentivi come Impresa 4.0, oggi previsti in calo, ma anche al rilancio della digitalizzazione della pubblica amministrazione. «Nella classifica del Desi, l’indicatore della Commissione europea che misura il livello di attuazione dell’agenda Digitale di tutti gli Stati membri — spiega la ricercatrice — e che comprende elementi come la connettività e la digitalizzazione del pubblico, siamo al 26esimo posto, praticamente ultimi. Ma abbiamo imboccato la strada giusta. Fino a qualche anno fa il rischio era che il consumatore fosse più digitale delle imprese, adesso non è più così, come mostrano i dati. Ora il balzo spetta anche al pubblico».