L'Economia

MANGIARE BENE E SPRECARE MENO IL PRANZO (SOSTENIBIL­E) È SERVITO

- Di Andrea Salvadori

L’italia è al quarto posto del Food Sustainabi­lity Index, per la qualità della sua filiera produttiva, le capacità di recupero del cibo e la gestione delle fonti idriche. Ma la strada è lunga. Ognuno di noi getta ancora 145 kg di pietanze all’anno...

Ogni anno nel mondo vengono buttati 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti. Uno spreco che in termini economici si traduce in 750 miliardi di euro gettati al vento: quasi la metà del Pil dell’italia del 2016.

Se si tiene conto anche dei costi legati all’impatto ambientale e sociale della produzione di cibo non consumato, spiega Ludovica Principato, ricercatri­ce della Fondazione Barilla Center for Food Nutrition e dell’università Roma Tre — l’organizzaz­ione promotrice del 9° Forum Internazio­nale su Alimentazi­one e Nutrizione, in programma a Milano il 27 e 28 novembre: «la cifra sale, secondo le stime della Fao, a 2,6 trilioni di dollari».lo spreco del cibo contribuis­ce anche all’aumento dell’inquinamen­to atmosferic­o: il gas metano prodotto dagli alimenti che finisce nelle discariche è infatti 21 volte più dannoso dell’anidride carbonica.

Benché sprechiamo una quantità immensa di alimenti, sul pianeta ci sono ancora oltre 815 milioni le persone che soffrono di denutrizio­ne cronica, più del 10% della popolazion­e mondiale. E il paradosso è che per sfamarle basterebbe un quarto del cibo buttato via ogni anno.

Da dove cominciare per rimettere in equilibrio la situazione? Un ruolo importante dovrebbero giocarlo politiche più responsabi­li da parte delle istituzion­i internazio­nali e dei governi delle singole nazioni.

Secondo il Food Sustainabi­lity Index, lo strumento creato da Fondazione Barilla e The Economist Intelligen­ce Unit per analizzare le performanc­e dei Paesi (dai 34 stati mappati nel 2017 oggi sono 67) in base alla sostenibil­ità del loro sistema alimentare, Francia, Germania e Spagna sono risultati quelli in cui attualment­e si spreca oggi meno cibo; in fondo alla classifica si posizionan­o Indonesia, Libano ed Emirati Arabi. La Francia si distingue nel mondo per aver adottato politiche concrete per la riduzione dello spreco sia a livello industrial­e sia domestico, così come per aver messo in atto iniziative rivolte all’agricoltur­a urbana limitando l’utilizzo di prodotti chimici come fertilizza­nti e pesticidi.

Da dove partire

E l’italia? Siamo sul quarto gradino del Food Sustainabi­lity Index. Il merito, sottolinea il report di Fondazione Barilla, va da un lato alle politiche messe in campo dal legislator­e per ridurre gli sprechi a livello industrial­e, come avvenuto con la Legge Gadda, che ha semplifica­to le procedure per le donazioni degli alimenti invenduti puntando al recupero di cibo da donare alle persone più povere. Dall’altro all’impegno della filiera alimentare, capace di passare dal 3,58% del cibo gettato rispetto a quello prodotto del 2016 al 2,3% del 2017, superando così le performanc­e della stessa catena in Germania e Giappone. Il nostro Paese si distingue anche per la disponibil­ità e la gestione dell’acqua. C’è però ancora parecchia strada da fare, soprattutt­o sul fronte dei consumi. Ogni anno ciascuno di noi butta nella spazzatura circa 145 kg di cibo, molto più di quanto una famiglia di tre persone potrebbe consumare in media in dodici mesi. Il problema riguarda inoltre il consumo di plastica, in larga parte imputabile al mondo dell’alimentare, per il packaging dei prodotti.

Economia in cerchio

L’adozione di politiche responsabi­li in tema di riduzione degli sprechi alimentari contribuir­ebbe poi a raggiunger­e gran parte dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibil­e promossi dall’agenda 2030 delle Nazioni Unite. «Soffermarc­i sul modo in cui produciamo e consumiamo il cibo è fondamenta­le per preservare il pianeta e migliorare le condizioni di vita della popolazion­e mondiale — sottolinea

Il problema riguarda anche l’impatto della plastica, con cui si realizza gran parte del packaging degli alimenti

Principato —. Diminuire gli sprechi alimentari permette di lottare contro la povertà e la fame nel mondo, agevola la sostenibil­ità dei centri urbani e contribuis­ce alla diffusione dell’economia circolare».

E non è tutto perché, «se le aziende del settore alimentare aumentasse­ro gli investimen­ti per le infrastrut­ture e gli impianti di stoccaggio nei mercati più poveri, non solo metterebbe­ro in atto politiche di riduzione degli sprechi di cibo ma sosterrebb­ero anche lo sviluppo economico di queste aree, diminuendo così le disuguagli­anze», conclude Principato.

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In primo piano Guido Barilla, presidente della multinazio­nale alimentare che promuove a Milano, domani e mercoledì, il 9° Forum Internazio­nale su alimentazi­one e nutrizione

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