Niente prestiti a Condotte, un altro colpo all’alta velocità
Dopo il no delle banche si spera nel governo (ma c’è sempre l’incognita Toninelli...)
Èappeso al doppio filo della crisi economica di Condotte e del dibattito politico sulle grandi opere il futuro del cantiere fiorentino dell’alta Velocità, opera affidata nel 2007 al consorzio Nodavia (con Condotte al 99%) e oggi identificabile soltanto con una voragine nel bel mezzo della città. È di quasi un anno fa il tracollo del terzo gruppo italiano di costruzioni: due miliardi di debiti e una forte crisi di liquidità hanno costretto Condotte a chiedere il concordato preventivo a inizio 2018. Oggi il colosso con quasi 5 mila dipendenti e commesse miliardarie in tutto il mondo è sotto l’amministrazione straordinaria di tre commissari, Matteo Ugetti, Giovanni Bruno e Alberto Dello Strologo, che stanno lavorando alla ristrutturazione. L’obiettivo è risanare l’azienda per marzo 2019 e poi avviare la vendita totale o parziale degli asset, e in particolare di quelle commesse appesantite da ritardi, contenziosi e guai giudiziari.
Nella lista nera potrebbe finirci anche l’alta Velocità di Firenze, ma su questo le bocche restano cucite. Per centrare il risanamento però è necessario far ripartire i cantieri remunerativi, per i quali servono soldi freschi. La soluzione individuata è quella del prestito ponte da 190 milioni erogato dal fondo del ministero delle Finanze per le aziende in amministrazione straordinaria. Il necessario via libera della Commissione Ue sarebbe già arrivato in via informale, ma i tempi sono incerti (si parla di chiudere a gennaio) e per Condotte il tempo stringe. Nelle scorse settimane, i commissari hanno cercato una sponda in un pool di banche guidate da Unicredit che però si sono rifiutate di concedere i 40-50 milioni necessari per arrivare ad anno nuovo. Finiti in un vicolo cieco, i tre commissari ora puntano a fare pressione sul ministero affinché sblocchi il prima possibile il prestito da 190 milioni che darebbe ossigeno all’azienda e nuova spinta ai cantieri. Altrimenti il colosso delle costruzioni rischia, oggi più che mai, la liquidazione, lo spacchettamento e la svendita degli asset. Prospettiva che, notano nei corridoi dell’azienda, potrebbe fare molta gola ai concorrenti italiani di Condotte.
Intanto a Firenze il cantiere è deserto. Gli operai sono rimasti in 30 «senza soldi e senza riscaldamento perché non hanno pagato le bollette» spiega Marco Carletti, segretario Fillea Cgil di Firenze che però annuncia come buona notizia il pagamento dello stipendio di ottobre, dopo cinque mesi di arretrati. Intanto nei giorni scorsi è stata avviata la proce- dura per la cassa integrazione straordinaria per la quale i sindacati aspettano a breve una convocazione al Mise. «Noi — spiega Carletti — vogliamo la ripartenza immediata del cantiere e, se dovesse ripartire con un altro soggetto imprenditoriale, l’attivazione della clausola di salvaguardia per gli operai». La difficoltà starà nel trovare qualcuno che scenda in campo per far ripartire l’opera fiorentina. Tra le ipotesi più suggestive c’è quella che vede Rfi pronta a comprare la partecipazione di Condotte in Nodavia, la società di scopo titolare del contratto per la Tav, e quindi far ripartire i lavori in house. Inoltre non va dimenticata l’analisi costi-benefici delle grandi opere annunciata dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. «Al momento — aggiunge Carletti — mi risulta che Toninelli non ci abbia ancora messo la mani, per fortuna: sarebbe folle dire che l’opera non si fa più dopo aver speso centinaia di milioni di euro. In quel caso saremo pronti a dare una risposta molto forte».