L'Economia

LA CRISI DEL PECORINO 5.000 LAVORATORI A RISCHIO

- Di Leonardo Testai

Alival e Granarolo hanno disdetto alcuni contratti di fornitura di latte ovino, perché quello che viene da Sicilia, Sardegna e Lazio costa meno. L’allarme di Coldiretti

Cinquemila posti di lavoro in Toscana, più di quanti non ne abbia da sola il Nuovo Pignone. È la filiera regionale del latte ovi-caprino, che secondo Coldiretti conta in tutto oltre 1.500 aziende. Filiera che vale 110 milioni di euro, dai pastori fino ai rivenditor­i e i trasportat­ori, e il cui prodotto principale —il latte ovino, materia prima per il formaggio pecorino anche a denominazi­one controllat­a — ora rischia di andare toscano sono state ridotte, ma non interrotte, in seguito a un drastico calo di consumi che ha investito il pecorino. E che, anzi, per il proprio pecorino (anche non Dop), acquista il 100% di latte toscano.

In Toscana oggi 422.734 pecore producono latte, e 4161 sono gli allevament­i di ovini, secondo i dati 2017 dell’anagrafe zootecnica, che fanno della regione la quarta in Italia per numero di pecore. Qui i capi sono prevalente­mente allevati in maniera estensiva: pascolano all’aperto nella maggior parte dell’anno, e vengono ricoverati in ovile solo nei mesi più freddi. Soltanto Sardegna, Sicilia e Lazio contano un numero maggiore di pecore, e il loro latte costa meno di quello toscano. Ciò non si riverbera negativame­nte tanto sulla materia prima destinata al Pecorino Toscano Dop, sostiene il presidente del Consorzio Carlo Santarelli che nega ci sia una crisi di mercato del prodotto a denominazi­one, ma piuttosto sui pecorini generici. «Questa fetta — spiega Santarelli — soffre di una concorrenz­a che è venuta dal latte estero in certi anni, e negli ultimi due, in particolar­e da regioni come Sardegna e Sicilia. C’è infatti una forte crisi del Pecorino Romano, di cui il 70% è prodotto in Sardegna: quando quel prodotto va in crisi il latte va in continente, e va a finire anche in Toscana.

Per chi ha produzioni di pecorini generici può essere più convenient­e fare pecorini con latte italiano, ma che ha un costo molto più basso del latte in Toscana, dove la Dop è riuscita a dare valore aggiunto a questo prodotto. Però in Sardegna il prezzo del latte ovi- no ora è di 65 centesimi al litro, mentre in Toscana era sopra i 90 centesimi. La Sardegna è una Regione a statuto speciale, e va incontro agli allevatori con contributi: in Toscana il comparto non ha nessun sostegno».

Da qui la richiesta di Coldiretti di misure adeguate, a cui l’assessore regionale Marco Remaschi ha risposto con l’impegno al rilancio della filiera: il primo tavolo con le associazio­ni di categoria si riunirà

4.161

oggi. «Abbiamo chiesto alla Regione — spiega il presidente di Coldiretti Toscana, Antonio De Concilio — di attivare con adeguate risorse nella nuova programmaz­ione dei fondi struttural­i, della misure per il benessere degli animali. Prevedere nei prossimi bandi del Psr l’attribuzio­ne di priorità per la consulenza tecnico–veterinari­a a favore delle aziende ovicaprine.

Promuovere, grazie anche all’intervento della Regione, accordi pluriennal­i che consentano all’impresa agricola di programmar­e e realizzare investimen­ti finalizzat­i alla destagiona­lizzazione della produzione di latte. Sostenere agli allevatori che realizzano, anche in forme associate, impianti di trasformaz­ione della propria produzione di latte».

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Un pascolo di pecore nella zona di Roccalbegn­a (Grosseto) Al vertice Il presidente di Coldiretti Toscana Antonio De Concilio
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