BTP, BUND O BONOS? LA SICUREZZA COSTA MA IL RISCHIO RENDE
Un investimento di diecimila euro nel decennale tedesco oggi comporta una spesa di circa 300 euro. Mentre la stessa cifra nel Btp 2029, cedole comprese, a scadenza ne frutta 2 mila
Sembra una consuetudine: quando si affaccia l’estate, la problematica del debito pubblico finisce per surriscaldarsi, come la temperatura esterna. In questo caso, è la probabile procedura d’infrazione per eccesso di debito a tenere alta la tensione tra il nostro Paese e la Comunità europea. Una suspence che spesso finisce per condizionare la quotazioni non solo dei titoli di Stato italiani, ma anche le emissioni obbligazionarie delle società che in Italia risiedono e svolgono la loro attività. Una difesa, utilizzando titoli governativi e obbligazioni, dovrebbe permettere
ai risparmiatori di vivere i prossimi mesi, con minori affanni. Anche se, è ormai noto che, in ogni caso, qualunque tipo di investimento, immobiliare compreso, non sempre è in grado di garantire contemporaneamente sicurezza e redditività. E da questo concetto si parte per verificare le sostanziali differenze che caratterizzano l’acquisto di emissioni di Stato tedesche, soprattutto, e italiane. Al fine di verificare fino a che punto sia consigliabile inserire in portafoglio strumenti con il massimo grado di affidabilità e altri che offrono, essi pure, un grado di affidabilità, ma di spessore assai minore. Anche altri debitori pubblici o emittenti societari sono destinatari di valutazioni differenti tra di loro, perché, anche in questo caso, il grado di sicurezza è assoggettato a giudizi legati all’andamento dell’azienda e alle prospettive di crescita o, al contrario, di stagnazione.
Gli esempi
La scadenza dei titoli maggiormente gettonata, in ambito finanziario, è quella decennale: il Bund tedesco paga un rendimento negativo dello 0,23% circa, mentre l’analogo Btp ne offre uno positivo di poco inferiore al 2,40 per cento. Il differenziale di rendimento tra i due titoli, lo spread, è di 260 punti base, pari a 2,60 per cento. Per un portafoglio a rischio basso, la componente tedesca dovrebbe essere maggioritaria, 65%, a fronte di un 35 per cento di Btp. Acquistando 10 mila euro di Bund con data di rimborso febbraio 2029, cedola 0,25%, ci si procura una perdita, a scadenza di circa 500 euro. In parte lenita da poco più di 200 euro che si riscuoteranno per l’accredito delle cedole nei restanti dieci anni circa. Si tratta, in effetti di una minusvalenza contenuta, ma per dieci anni l’investimento non produce ritorni di alcun genere, se non di tranquillità. L’investimento in Btp agosto 2029 produce un risultato assai diverso: la perdita in conto capitale è di circa 560 euro, perché la quotazione supera il valore nominale, 100, e si fissa sopra quota 105. Per contro la cedola in dieci anni ammonta a 3 mila euro, che scene dono a poco più di 2.600, al netto dell’imposta. Il guadagno a fine investimento è di circa 2mila euro, a fronte di una perdita di 300 euro, derivante dall’acquisto del Bund decennale.
Se si ha una maggiore propensione al rischio, i numeri si invertono e la presenza di Btp assume il ruolo trainante, 65% contro 35% dell’emissione di Berlino. In realtà, se lo scopo è la difesa del patrimonio, la soluzione più semplice è l’investimento temporaneo in Bund con scadenza residua 12 mesi, affiancati da altre emissioni con caratteristiche analoghe di paesi europei come Austria, Finlandia, Portogallo, Spagna Olanda (vedi ta bella) tra cui i Bot a un anno appena collocati dal Tesoro italiano.
Il rendimento netto di questi ultimi, tra costi vari, compresi i bolli trimestrali sul deposito titoli, è praticamente nullo, se non leggermente negativo, mentre quello del titolo tedesco pari durata è negativo per lo 0,65% circa. Il ritorno negativo, in questo caso, è di poco più di 100 euro, se ci si affida al Bund 0,25% con scadenza marzo 2020. A questi costi vanno aggiunti, come si è indicato, i bolli che si applicano generalmente con cadenza trimestrale sul valore dei titoli presenti nel deposito titoli. In prospettiva, optare per scadenze ravvicinate si presenta come la soluzione più interessante, meno costosa e, in ogni caso, più rassicurante, a prescindere dalle emissioni depositate in portafoglio. In un arco temporale abbastanza ridotto, come dodici mesi, l’unico vero rischio è legato a situazioni impensabili, quali quelle estreme. Senza ricorrere ad alchimie particolari, scegliere strumenti a brevissimo termine rappresenta un’opzione di segno temporaneo, ma, quasi certamente, efficace sul piano della sicurezza.
Per chi cerca solo tranquillità l’alternativa è l’impiego in titoli annuali, dalla Finlandia alla Spagna