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La capacità di attrarre talenti o di trattenere quelli che ci sono è in caduta libera, spiega l’ocse Il Paese è sempre più vecchio e la politica non riesce a scegliere un’agenda dedicata alle nuove generazioni È tempo di reagire, partendo da un taglio selettivo e permanente del cuneo contributivo
Fervono le discussioni sulla trattativa con la Commissione europea e sui punti decimali che, si spera, potranno fare la differenza. Intanto, il Paese fatica a ringiovanire e a rinnovare il proprio capitale umano e il proprio tessuto imprenditoriale. Le connessioni chiave le ha fissate Ferruccio de Bortoli commentando la relazione del governatore della Banca d’italia («I giovani, migranti invisibili e cittadini di seconda classe», sul «Corriere» del primo giugno). L’italia è vecchia ed è prigioniera di una trappola demografica. Entro 25 anni, un terzo della popolazione avrà più di 65 anni, mentre ci saranno sei milioni di attivi in meno. Sul bilancio demografico pesano la diminuzione dei tassi di fertilità e l’aumento dell’aspettativa di vita, non compensati dai flussi migratori in entrata. Di per sé, questa riduzione degli attivi sul totale della popolazione frena la crescita. I dati, però, ci dicono qualcosa di più e, se possibile, di peggio. Il Paese non solo è vecchio, ma scaccia anche i propri giovani e non
posizionato proprio all’intersezione tra passato, presente e futuro.
In un Paese che ha due pensionati ogni tre occupati, le nuove generazioni che si affacciano sul mercato del lavoro sono schiacciate dal peso del finanziamento a ripartizione al primo pilastro pensionistico e al welfare anziano. Questo peso è destinato a crescere, meccanicamente e inesorabilmente, per la demografia, e si aggraverà se persisterà la stagnazione della produttività del lavoro e dei salari reali.
Zavorre in busta paga
Già oggi demografia, tassi di occupazione e bassa produttività concorrono a far sì che in Italia ciascun occupato contribuisca al finanziamento per il welfare anziano di pensioni, sanità e assistenza di lungo periodo con un ammontare equivalente a circa il 64% del Pil pro capite. Il valore corrispondente per un occupato tedesco