L'Economia

Pop Bari, la corsa al salvataggi­o non finisce mai

- Di Mario Gerevini

Non è una gara di 100 metri piani dove un secondo in più è un’eternità. Ma anche la crisi di una banca è una corsa contro il tempo. Che può diventare drammatica. Ne sanno qualcosa in Veneto, ad Arezzo, nelle Marche ecc. Bastano pochi mesi senza dare soluzioni, senza cambiare passo, senza rompere con il passato, trasmetten­do una sensazione di precarietà, e la banca si trova con clienti e depositi volati via, parametri patrimonia­li da rincorrere. Rapidament­e la difficoltà diventa crisi e la crisi diventa salvataggi­o. Figurarsi se la paralisi dura anni. A Genova con la Carige e a

Bari con la Popolare, pur tra mille differenze, siamo al capitolo «salvataggi­o».

Carige tutto sommato è un caso noto, maturo, nell’agenda del governo, anche se non ancora risolto. Ma Bari? Gli azionisti, a differenza di Carige che era quotata in Borsa, non hanno mai avuto la possibilit­à di uscire. Avevano acquistato i titoli a prezzi folli, stabiliti a tavolino dal consiglio di amministra­zione e da loro stessi avallati in assemblea. Ecco, questo bisogna dirlo: a Bari nelle assemblee sono sempre stati tutti immancabil­mente e rigorosame­nte allineati e coperti. Sono quasi 80mila, dipendenti compresi, in attesa degli eventi. Da anni. Spa? Borsa? Ricambio dei vertici (la famiglia Jacobini governa da sempre)? Aggregazio­ne? A gennaio l’annuncio del piano industrial­e 2019-2023. Punto primo: rafforzame­nto patrimonia­le «entro giugno 2019». Giugno è arrivato, insieme a un bilancio 2018 con quasi 400 milioni di perdita. Il rafforzame­nto è rimandato e anche l’assemblea di bilancio slitta al 13-14 luglio. Però la banca ha fatto sapere, ufficialme­nte quindi accreditan­dola, di aver ricevuto un’offerta per la Cassa di Orvieto da Sri Global. Fa parte del gruppo di Giulio Gallazzi, un finanziere dalla rilevante inconsiste­nza patrimonia­le. Fate presto. Ma soprattutt­o: fate sul serio.

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