L'Economia

LA WEB TAX, I SOVRANISTI E LA FALANGE TRUMPIANA

- Di Edoardo Segantini edoardoseg­antini2@gmail.com @Segantini

La strada da percorrere sarà ancora lunga, ma quella appena segnata dai ministri delle Finanze al G20 di Fukuoka è comunque una data importante. Le società digitali come Facebook e Google, che hanno nei dati delle persone la merce più preziosa, vedranno sfumare il sistema che consente loro di pagare tasse ridicole, clamorosam­ente sproporzio­nate rispetto ai profitti incassati. E tutto ciò dovrebbe avvenire entro il 2020. Oggi queste società traggono enormi vantaggi fiscali dall’interessat­a benevolenz­a di Paesi come Irlanda e Lussemburg­o e dalle triangolaz­ioni contabili con i paradisi fiscali extraeurop­ei. Mentre in futuro dovranno pagare le imposte non più in base alla presenza dei loro uffici in un Paese, come attualment­e accade, ma là dove registrano le entrate. La strada sarà lunga per due ragioni. La prima è la forza lobbistica dei colossi digitali, di cui, in occasione della Direttiva Copyright, si sono messi in luce l’aggressivi­tà ma anche i limiti. Il loro lobbismo non è riuscito a impedire che la Direttiva fosse approvata: ora però sta facendo di tutto per depotenzia­rla. Quella lobby insomma è tutt’altro che a riposo: non foss’altro per il timore che a capo della Commission­e arrivi un commissari­o o una commissari­a di cui la Silicon Valley ha già sperimenta­to la durezza. La seconda, e forse più importante ragione, è il sistemico disaccordo tra i Paesi europei su tempi e metodi per arrivare a una web tax realmente condivisa. Francia e Gran Bretagna, in attesa di raggiunger­e un consenso internazio­nale, vogliono applicare sovranamen­te una propria web tax. E mentre l’europa procede divisa, la falange trumpiana contrasta ogni regola che possa sfavorire gli oligopoli tecnologic­i made in Usa. Originale come sempre la scelta dell’italia, che nella legge di bilancio 2019 ha approvato una sua web tax, con il prelievo del 3% alle imprese digitali con ricavi non inferiori a 5,5 milioni di euro. Però non ha ancora promulgato i decreti attuativi per metterla in pratica. Risultato? La legge resta sulla carta.

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