Meno km zero, il diesel va ancora
I costruttori preferiscono puntare sugli sconti alle società del «rent». Mentre sale la concorrenza e c’è battaglia sui prezzi
Mentre il mercato dell’auto cala ancora (-4,1% nei primi cinque mesi dell’anno) e il noleggio invece frena le perdite (-1,1% da gennaio) anche grazie ai comuni cittadini, i costruttori adeguano l’offerta alle nuove esigenze, in un mercato più competitivo. Se privati, partite Iva e piccole imprese ricorrono di più al noleggio è per motivi pratici, come esempio le leggi nebulose a tutela dell’ambiente. Dice Marco Dainese, responsabile flotte di Maserati: «L’incertezza dovuta alle normative ambientali ha indotto i clienti privati a preferire il noleggio all’acquisto in attesa di un quadro più comprensibile».
È un pubblico nuovo che si somma ad altri soggetti diversi dalle classiche grandi aziende, come partite Iva, Pmi e piccoli imprenditori con due o tre auto aziendali, che hanno optato per il rent. Perciò le società del noleggio a lungo termine hanno colto al volo l’opportunità, articolando meglio la loro offerta anche verso il canale privato. E se cresce la quota dei privati, «è anche perché i costruttori stanno riducendo i
km zero –— dice Chistian Catini, responsabile flotte di Mercedes Italia —. Preferiscono puntare sugli sconti alle società del noleggio, che hanno così margini maggiori per strutturare l’offerta». Un effetto, dice Catini, «è l’andamento un po’ isterico del settore, per via di politiche commerciali non sempre chiare e di una guerra sui prezzi, alla lunga, insostenibile».
I rischi
A pagarne le conseguenze potrebbe essere il cliente finale, attratto da formule non sempre limpide che nascondono la portata delle proposte, nel caso del noleggio fatta anche di finanziamenti, franchigie, servizi e assistenza. Il mercato si sta popolando di broker, aziende captive e società che seguono politiche talvolta opposte.
«C’è chi lavora sull’offerta e chi sui prezzi — dice Kia Italia —. A noi tocca adattarci, cercando di non scontentare la rete tradizionale. Lo si fa puntando anche su modelli consoni alle esigenze dei clienti». La maggior parte dei quali, parlando di motorizzazioni, predilige ancora il diesel, nonostante l’immagine negativa e le crescenti limitazioni.
«Chi viaggia per lavoro preferisce il motore a gasolio», nota Kia che ha appena lanciato un 1.6 turbodiesel mildhybrid immatricolato come ibrido. Ma il diesel rimane prioritario anche per i costruttori premium. «Nel canale business non sente la crisi come in quello dei privati —– dice Dainese —. Nel nostro caso è gravato dall’ecotassa (da 1.100 a 2.500 euro per i motori che emettono più di 160 grammi di CO2, ndr.). C’è chi accetta a malincuore, ma dove la car policy aziendale offre alternative meno onerose, la differenza di prezzo può penalizzarci».
Il valore residuo
I costruttori hanno capito che rispetto al passato è richiesta un’opera di rassicurazione più intensa. «Azienda per azienda, un lavoro capillare — dice Catini —. A cui si aggiunge, per quanto riguarda Mercedes, un’offerta di nuove linee, partendo dalla nostra gamma business, ma arricchita a parità di prezzo». «E bisogna lavorare anche sul valore residuo — gli fa eco Dainese —. Nel caso di Maserati, è più importante
L’incertezza dovuta alle normative ambientali ha indotto i privati a preferire il «rent» all’acquisto in attesa di leggi certe
dello sconto finale».
Il canale business è in fermento, con buone prospettive. Per il gruppo Psa — cioè Citroën, DS Automobilies, Opel e Peugeot — ha un ruolo strategico, con risultati dichiarati in crescita nei primi cinque mesi. Psa lavora anche con Free2move, il marchio di servizi legati alla mobilità, per «rispondere alle esigenti aspettative dei clienti aziendali, del business to business». L’orizzonte per il noleggio è comunque roseo anche a detta dell’unrae, l’associazione che raggruppa i costruttori esteri. Il canale rent ha toccato una quota del 28% nei primi cinque mesi dell’anno (+ 0,9%). A questo risultato ha contribuito la crescita a maggio del breve termine (+35,6%) e un incremento del 18,1% del lungo termine, grazie alla spinta delle società captive.