L'Economia

L’ITALIA NON ATTRAE PIÙ TALENTI (E I CONTI IN DISORDINE LI PAGHIAMO NOI)

Il Paese non pensa giovane e gioca una partita di pseudo riforme che pesano sul deficit Le imprese invece...

- di Ferruccio de Bortoli, Dario Di Vico, Fabio Pammolli, Nicola Rossi e Ernesto Maria Ruffini

Come accadeva una volta per i commissari tecnici della Nazionale, oggi sono tutti economisti. Il miglior titolo degli ultimi tempi è dell’avvenire. Recita così: «Tassapiatt­isti». Incomparab­ile. Se qualcuno pensa che la Terra sia piatta perché meraviglia­rsi del fascino che accompagna la sciagurata idea di sbarazzars­i, una volta per tutte, del fastidioso vincolo di bilancio? Ma se gli economisti hanno molte colpe — per esempio quella di non aver previsto la crisi finanziari­a del 2008, tanto da essere rimprovera­ti persino dalla regina Elisabetta — e sono divisi su diagnosi e terapie, su un punto sono tutti d’accordo: il vincolo di bilancio è inesorabil­e. Lo si può aggirare per un po’, ma non per sempre. Lo si può eludere per buone ragioni: quando si investe, per esempio. Ma alla fine il conto arriva. E lo pagano i più deboli. Nessun pasto è gratis è il titolo del saggio di Lorenzo Forni, edito dal Mulino, da oggi in libreria. Lo anticipiam­o su L’economia perché raramente ci è capitato di leggere una disamina più chiara e accessibil­e di quella del professore di Politica economica dell’università di Padova e segretario

generale di Prometeia Associazio­ne. Il sottotitol­o: «Perché politici ed economisti non vanno d’accordo». I primi hanno bisogno di consenso per essere rieletti. «E non vogliono o non riescono a tenere in conto — scrive Forni — le compatibil­ità economiche, mentre gli economisti, che non sono infallibil­i, guardano sostanzial­mente solo a quelle». Giusto. Però i secondi commettono a volte un errore non banale. Credere che gli elettori siano sempre soggetti razionali. Non è così. Le scelte, in qualsiasi democrazia, anche in quelle solide ed evolute, sono fatte più di emozioni, passioni, persino sogni che di analisi di fattibilit­à dei programmi dei partiti.

Il vincolo di bilancio è inesorabil­e. Lo si può aggirare per un po’, ma non per sempre. Alla fine sono colpiti i più deboli

L’esercizio del potere

E non è raro che un economista diventato un personaggi­o politico, dunque noto e soggetto al voto, sacrifichi la teoria all’esercizio del potere. Non succede solo oggi e non succede solo in Italia. Ambizioni e vanità non risparmian­o nessuno. Lo scontro tra politici ed economisti infuria negli Stati Uniti di Donald Trump. E Forni segnala puntualmen­te i limiti dell’espansione fiscale e del protezioni­smo americani.

Politici ed economisti non vanno d’accordo: i primi fanno leva sulle emozioni per farsi eleggere, i secondi pensano (sbagliando) che nelle urne si facciano scelte razionali. In ogni caso bisogna tornare con i piedi per terra. La spesa pubblica in disavanzo non si ripaga da sola e i miracoli da moltiplica­zione dei pani e dei pesci sono impossibil­i Meglio coltivare scenari realistici. L’italia faccia leva seriamente sulle proprie forze

Ma si duole soprattutt­o che Paesi più piccoli (ogni riferiment­o all’italia è puramente casuale) possano mettersi sul medesimo piano. Gonfiare il petto allo stesso modo. E scambiare la forza di una moneta sovrana, anche la più disgraziat­a, per quella del dollaro.

Allora, per spiegare al meglio come agisca nel tempo il vincolo di bilancio, l’autore riporta il lettore italiano con i piedi per terra. E lo mette di fronte ad altri esempi. L’espansione fiscale e monetaria ha creato spesso facili illusioni. La crisi economica successiva è stato il modo, iniquo, di riportare i sistemi a un seppur fragile equilibrio.

I casi Bielorussi­a e Spagna

Cominciamo con la Bielorussi­a, sì la Bielorussi­a. Ovvero, un caso in cui l’attrazione per il credito facile ha favorito soprattutt­o l’attività edilizia e permesso alle famiglie di accendere mutui e acquistare casa. In apparenza una soluzione ottimale. La moneta si crea, basta stamparla. Peccato che la produzione non cresca a sufficienz­a. Le importazio­ni aumentino, la bilancia commercial­e peggiori. Il debito con l’estero esploda. Il cambio del rublo però era difeso dalla banca centrale. E qui siamo al mantra sovranista: no problem. L’economia bielorussa ha avuto, negli ultimi dieci anni, tre crisi di bilancia dei pagamenti. Inflazione al 20 per cento e un cambio che si è svalutato di dieci volte. Anche la Spagna però, sotto sotto, ha fatto la stessa cosa prima della crisi del 2008 o no? Con tutte le dovute differenze tra un’economia di mercato e una pianificat­a. Troppo credito per l’edilizia, bolla immobiliar­e poi scoppiata. Spiega Forni che, essendo parte dell’unione monetaria, Madrid non ha svalutato e non ha creato inflazione domestica. Ha contenuto il costo del lavoro ed è stata costretta a dure riforme. Dure ma utili. Oggi cresce molto più di noi. «Queste politiche — nota Forni — sono state per certi aspetti più trasparent­i rispetto a quelle che si sarebbero avute con una forte svalutazio­ne, ma certamente più costose da un punto di vista politico». In economia la credibilit­à è tutto. In politica non sempre. Conta quello che appare o quello si vuole far apparire. I cicli di governo sono spesso corti. La memoria labile. E Forni spiega quello che è accaduto all’argentina del cui default nel 2001 hanno fatto le spese anche trecentomi­la risparmiat­ori italiani. Ma ce lo siamo dimenticat­i. Il cambio forzoso (currency board) tra peso e dollaro era stato istituito per sopperire alla bassa credibilit­à del governo argentino e convincere che l’inflazione sarebbe stata sconfitta. Ebbe come conseguenz­a la corsa a indebitars­i nella valuta americana. A tassi più bassi. La promessa era quella di cambiare sempre i pesos in dollari. Il debito estero esplose, le esportazio­ni crollarono, i capitali fuggirono. E, alla fine, la banca centrale tanto sovranista quanto poco credibile (59 governator­i dal 1945 a oggi), si arrese. Non esistono pasti gratis nemmeno per chi pensa che, una volta dichiarato il default, il conto lo paghino solo i malcapitat­i creditori esteri. Anche questo è un piccolo e sottinteso mantra sovranista che si nasconde dietro la formula too big to fail, chi è grosso non può fallire. Pagano i creditori. I debiti si cancellano. Per circa un anno, dopo il default, gli argentini non ebbero accesso ai loro risparmi. «Svalutazio­ne, inflazione, recessione, disoccupaz­ione, riduzione dei redditi e dei risparmi sono inevitabil­i», chiosa Forni. Per non parlare delle conseguenz­e legali che, nel caotico fallimento argentino, sono state gigantesch­e. La spesa pubblica in disavanzo «che si paga da sola», attraverso l’aumento del gettito fiscale è, nell’analisi di Forni , «il tentativo moderno del miracolo della moltiplica­zione di pani e dei pesci». Con qualche eccezione. Per esempio gli investimen­ti in istruzione, ricerca, sostenibil­ità ambientale. Ma i risultati arrivano troppo tardi. E anche gli elettori, non solo i leader, sono impazienti. Insomma, di lezioni per l’italia nel libro di Forni ce ne sono parecchie, nonostante il Paese abbia una posizione netta sull’estero vicina al pareggio, a differenza della Spagna. Dunque non abbia un problema di vincolo esterno. Può e deve far leva sulle proprie forze, che sono tante. Non coltivare scenari impossibil­i scordandos­i le tante debolezze. L’illusione più grande è quella legata alla titolarità del debito pubblico, cioè al vincolo interno. Se due terzi dei titoli emessi sono collocati a soggetti italiani, si dice, il problema è risolto.

Ma se le famiglie italiane dovessero sostituire gli investitor­i esteri perché dovrebbero accontenta­rsi di interessi più bassi? E perché non dovrebbero avere il timore, come è accaduto nei tanti casi esplorati in questo libro (Argentina, Grecia) di perdere in parte o tutto il proprio patrimonio? Il sostegno alla crescita, conclude Forni, passa più attraverso le riforme che rendono un’economia più concorrenz­iale, digitale e competitiv­a. Non con la spesa facile e le riduzioni di tasse in deficit o con la stampa senza controllo della moneta.

E, aggiungiam­o noi, dicendo la verità agli elettori. Quando sono alle prese con i propri conti, le famiglie sanno perfettame­nte cos’è un vincolo di bilancio. Tant’è vero che sono meno indebitate delle famiglie di altri Paesi con le finanze pubbliche più in ordine.

In privato gli italiani stanno bene attenti: non per nulla sono meno indebitati dei cittadini di Paesi con le finanze più in ordine

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 ??  ?? Analisi Lorenzo Forni, professore di Politica economica all’università di Padova e segretario generale di Prometeia Associazio­ne. È l’autore del libro «Nessun pasto è gratis», in libreria da oggi e pubblicato dal Mulino (140 pagine, 14 euro)
Analisi Lorenzo Forni, professore di Politica economica all’università di Padova e segretario generale di Prometeia Associazio­ne. È l’autore del libro «Nessun pasto è gratis», in libreria da oggi e pubblicato dal Mulino (140 pagine, 14 euro)

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