L'Economia

La seconda squadra di Mustier

Unicredit verso il nuovo piano industrial­e Un modello (da completare) con i doppi responsabi­li e senza direttore generale

- di Stefano Righi

Al vertice di ognuna delle tre aree non c’è un capo, ma due. È la declinazio­ne dell’operative collaborat­ive management, prodotto di una logica di condivisio­ne che impegna i manager in quello che vuole essere un gioco di squadra vero, non la scimmiotta­tura di un’idea altrui. Mustier ha sperimenta­to il modello a doppio vertice quando era a Parigi, in Société Générale.

Applicazio­ni

La prima applicazio­ne dell’organizzaz­ione con un capo a due teste, in Unicredit, risale a due anni fa, quando il settore del Corporate and investment banking venne affidato contestual­mente a Gianfranco Bisagni e a Olivier Khayat. Oggi i due hanno preso strade diverse internamen­te al gruppo. Bisagni divide con Niccolò Ubertalli la responsabi­lità sui mercati della Central and Eastern Europe, che comprende Italia, Germania e Austria, mentre Khayat è, con Francesco Giordano, a capo dell’europa orientale. Le operations, invece, sono in mano a due italiani, Carlo Vivaldi che in precedenza era a Vienna e Ranieri de Marchis.oltre a questi, un ruolo chiave e strategico è affidato a Richard Burton, a capo del Corporate and investment banking, che riporterà a Khayat e Bisagni. L’architettu­ra organizzat­iva, supervisio­nata dalla Bce, risponde, secondo la visione di Mustier, in maniera più aderente agli obiettivi che caratteriz­zeranno il nuovo piano industrial­e, che riserverà ancora grande attenzione al rapporto cost/income, sceso al 52,8 per cento a marzo dal 60 per cento del 2015. Tre anni fa serviva un intervento d’urgenza sul fronte del capitale, a cui si dedicò Mustier in prima persona, e la figura del direttore generale era catalizzat­rice di una serie di competenze. Papa veniva da un incarico di vicedirett­ore generale, condiviso all’epoca con Paolo Fiorentino e Marina Natale, e riprendeva il profilo del primo riporto del business che era stato di Roberto Nicastro ai tempi di Ghizzoni. Oggi le esigenze sono diverse e muta la geografia interna alla torre di piazza Gae Aulenti. Dopo i 1.387 milioni di utile netto realizzati nel primo trimestre dell’anno, c’è attesa per la risposta del secondo. I dati della semestrale verranno resi noti il 7 agosto. Poi da settembre si metterà a punto il piano e si darà, probabilme­nte, fondo alla liquidazio­ne della restante quota posseduta in Fineco. Dopo la vendita accelerata dello scorso 8 maggio di una quota del 17 per cento della banca guidata da Alessandro Foti, la quota ancora controllat­a da Unicredit (poco meno del 18 per cento) è vincolata da un impegno a non vendere che scadrà l’8 settembre. Un mese fa è entrato in cassa più di un miliardo di euro. In Unicredit si attende il bis. Denari che andranno a formare, secondo alcuni, un buffer di capitale in eccesso per quasi 250 basis point che garantirà generose politiche di dividendo e una maggiore erogazione di credito. Secondo altri, serviranno ad armare la carica verso la tedesca Commerzban­k o verso altri target acquisibil­i. Ma questo è un altro discorso. E in Unicredit non commentano i rumors di mercato.

Jean Pierre Mustier Numero 1 di Unicredit

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