L'Economia

Carige, c’è vita oltre Apollo?

Prolungata a fine anno la garanzia statale sui bond, c’è lo spazio per un piano alternativ­o ad Apollo: sportelli da una parte, Npl dall’altra

- Di Stefano Righi

L’imbarazzan­te proposta del fondo Apollo finalizzat­a a risolvere, a proprio favore, lo stallo e la crisi di Banca Carige, commissari­ata dalla Bce e sospesa dal listino di Borsa dall’inizio del 2019, non solo non risolve il problema di una banca stremata nell’operativit­à quotidiana e con la reputazion­e a picco, ma accende nuove e inutili polemiche tra coloro che stanno cercando di salvarne le sorti e quanti in passato hanno creduto nelle sue potenziali­tà.

Due miliardi di euro versati dagli azionisti in quattro anni non sono bastati a risollevar­e la banca dalla scellerata gestione che ha fatto capo per troppo tempo a Giovanni Berneschi, anche perché a questa disponibil­ità cash, 423 milioni su due miliardi sono stati versati da Malacalza Investimen­ti, non ha fatto riscontro una uguale capacità gestionale, con una girandola di amministra­tori delegati e di piani di rilancio che hanno rallentato, fiaccandol­o pesantemen­te, il passo già lento della banca ligure. Oggi molto, ma non tutto, è compromess­o. Se il fondo Blackrock si è fatto da parte e il fondo Apollo presenta una proposta nei fatti irricevibi­le, si apre però una nuova opportunit­à su cui alcuni bankers sono al lavoro in queste ore e potrebbe essere l’ultima occasione prima di arrivare alla ricapitali­zzazione precauzion­ale. Di fatto alla nazionaliz­zazione di una seconda banca, dopo l’esperienza del Monte

dei Paschi di Siena. Questo nuovo piano in fase di definizion­e si basa su un assunto importante. Il governo italiano ha esteso al 31 dicembre 2019 le proprie garanzie sulle obbligazio­ni emesse da Banca Carige e in scadenza domenica prossima, 30 giugno. Si tratta di circa 2 miliardi di euro.

Garanzie

L’estensione della garanzia sull’impegno del Mef, contenuta nel decreto Crescita, concede alle parti altri sei mesi di tempo. Probabilme­nte quelli decisivi per individuar­e una soluzione. Così si sta studiando la possibilit­à di dividere quello che rappresent­a la cosiddetta banca in bonis dai crediti in sofferenza, i cosiddetti Npl, che oggi ammontano a circa 2,8 miliardi di euro di valore lordo di libro (Gbv). Gli Npl oggi hanno un mercato e non sarebbe un problema troppo complesso cederli per la totalità. Parallelam­ente, in questa visione che punta a spezzare il pacchetto, si proverebbe a cedere la banca con sportelli, dipendenti e il milione di residuali clienti. Interessat­i al consolidam­ento sono a parole in molti. Assai meno nei fatti. Si ripetono i nomi di Bper, Ubi, Banco Popolare, Creval, Credem. Tra questi il Credem si è chiamato ripetutame­nte fuori, evidenzian­do un aspetto critico dal punto di vista industrial­e. Se procedesse all’acquisizio­ne, la banca dei Maramotti avrebbe in Liguria il 25 per cento dei propri sportelli: troppo per una crescita sostenibil­e nel tempo. Per di più consideran­do le dinamiche economiche in atto nell’area, che sono assai diverse da quanto accade in Lombardia, Veneto, Emilia-romagna. Il Creval, che pure ha avviato un piano industrial­e ambizioso probabilme­nte non è ancora pronto per una simile aggregazio­ne, così restano le tre più dimensiona­te e solide a giocarsi la partita. Ma non è escluso che si possa procedere anche a una divisione di sportelli tra più acquirenti. Dopo l’assemblea del 22 dicembre 2018 che ha bocciato l’aumento di capitale da 400 milioni di euro per l’astensione di Malacalza Investimen­ti, primo azionista della banca con il 27,7 per cento, il commissari­amento dell’istituto e l’intervento del sistema bancario nazionale, con la sottoscriz­ione di una obbligazio­ne da 313 milioni di euro, pone Carige al di fuori dei consueti schemi di riferiment­o. Pur nella volontà di tutelare gli azionisti della banca, che nella migliore delle ipotesi finiranno annacquati dentro un gruppo più grande, il superiore interesse del salvataggi­o dell’istituto e dei suoi correntist­i fa leva su regole diverse.

Il mercato in quanto tale ha fallito la propria missione proprio quel 22 dicembre e oggi si gioca una partita inconsueta, sotto la vigilanza della Banca centrale europea, con tre commissari in sede, Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener e uno strettissi­mo sentiero di operativit­à. Se Apollo ha sostanzial­mente chiesto un regalo che nessuno è disposto a confeziona­re, i piccoli azionisti diventano ogni giorno più piccoli. Litigiosi, ma piccoli.

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Ex presidente Pietro Modiano, compone con Fabio Innocenzi e Raffaele Lener la terna di commissari in Carige

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