Carige, c’è vita oltre Apollo?
Prolungata a fine anno la garanzia statale sui bond, c’è lo spazio per un piano alternativo ad Apollo: sportelli da una parte, Npl dall’altra
L’imbarazzante proposta del fondo Apollo finalizzata a risolvere, a proprio favore, lo stallo e la crisi di Banca Carige, commissariata dalla Bce e sospesa dal listino di Borsa dall’inizio del 2019, non solo non risolve il problema di una banca stremata nell’operatività quotidiana e con la reputazione a picco, ma accende nuove e inutili polemiche tra coloro che stanno cercando di salvarne le sorti e quanti in passato hanno creduto nelle sue potenzialità.
Due miliardi di euro versati dagli azionisti in quattro anni non sono bastati a risollevare la banca dalla scellerata gestione che ha fatto capo per troppo tempo a Giovanni Berneschi, anche perché a questa disponibilità cash, 423 milioni su due miliardi sono stati versati da Malacalza Investimenti, non ha fatto riscontro una uguale capacità gestionale, con una girandola di amministratori delegati e di piani di rilancio che hanno rallentato, fiaccandolo pesantemente, il passo già lento della banca ligure. Oggi molto, ma non tutto, è compromesso. Se il fondo Blackrock si è fatto da parte e il fondo Apollo presenta una proposta nei fatti irricevibile, si apre però una nuova opportunità su cui alcuni bankers sono al lavoro in queste ore e potrebbe essere l’ultima occasione prima di arrivare alla ricapitalizzazione precauzionale. Di fatto alla nazionalizzazione di una seconda banca, dopo l’esperienza del Monte
dei Paschi di Siena. Questo nuovo piano in fase di definizione si basa su un assunto importante. Il governo italiano ha esteso al 31 dicembre 2019 le proprie garanzie sulle obbligazioni emesse da Banca Carige e in scadenza domenica prossima, 30 giugno. Si tratta di circa 2 miliardi di euro.
Garanzie
L’estensione della garanzia sull’impegno del Mef, contenuta nel decreto Crescita, concede alle parti altri sei mesi di tempo. Probabilmente quelli decisivi per individuare una soluzione. Così si sta studiando la possibilità di dividere quello che rappresenta la cosiddetta banca in bonis dai crediti in sofferenza, i cosiddetti Npl, che oggi ammontano a circa 2,8 miliardi di euro di valore lordo di libro (Gbv). Gli Npl oggi hanno un mercato e non sarebbe un problema troppo complesso cederli per la totalità. Parallelamente, in questa visione che punta a spezzare il pacchetto, si proverebbe a cedere la banca con sportelli, dipendenti e il milione di residuali clienti. Interessati al consolidamento sono a parole in molti. Assai meno nei fatti. Si ripetono i nomi di Bper, Ubi, Banco Popolare, Creval, Credem. Tra questi il Credem si è chiamato ripetutamente fuori, evidenziando un aspetto critico dal punto di vista industriale. Se procedesse all’acquisizione, la banca dei Maramotti avrebbe in Liguria il 25 per cento dei propri sportelli: troppo per una crescita sostenibile nel tempo. Per di più considerando le dinamiche economiche in atto nell’area, che sono assai diverse da quanto accade in Lombardia, Veneto, Emilia-romagna. Il Creval, che pure ha avviato un piano industriale ambizioso probabilmente non è ancora pronto per una simile aggregazione, così restano le tre più dimensionate e solide a giocarsi la partita. Ma non è escluso che si possa procedere anche a una divisione di sportelli tra più acquirenti. Dopo l’assemblea del 22 dicembre 2018 che ha bocciato l’aumento di capitale da 400 milioni di euro per l’astensione di Malacalza Investimenti, primo azionista della banca con il 27,7 per cento, il commissariamento dell’istituto e l’intervento del sistema bancario nazionale, con la sottoscrizione di una obbligazione da 313 milioni di euro, pone Carige al di fuori dei consueti schemi di riferimento. Pur nella volontà di tutelare gli azionisti della banca, che nella migliore delle ipotesi finiranno annacquati dentro un gruppo più grande, il superiore interesse del salvataggio dell’istituto e dei suoi correntisti fa leva su regole diverse.
Il mercato in quanto tale ha fallito la propria missione proprio quel 22 dicembre e oggi si gioca una partita inconsueta, sotto la vigilanza della Banca centrale europea, con tre commissari in sede, Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener e uno strettissimo sentiero di operatività. Se Apollo ha sostanzialmente chiesto un regalo che nessuno è disposto a confezionare, i piccoli azionisti diventano ogni giorno più piccoli. Litigiosi, ma piccoli.