L'Economia

Connessa e sicura, la nuova città smart

- Di Francesca Gambarini

Scena numero uno: Italia, tra qualche anno. In una qualsiasi delle nostre città, anche nella Capitale oggi assediata dai rifiuti, non servirà più fare la raccolta differenzi­ata. Ci penseranno gli smart bin, i cestini intelligen­ti, che analizzano in tempo reale che cosa viene gettato mediante analisi video e intelligen­za artificial­e, e lo smistano nel corretto comparto, per poi poterlo smaltire o riciclare correttame­nte. Scena numero due: San Francisco, California, qualche settimana fa. I sistemi di riconoscim­ento facciale utilizzati dall’autorità pubblica vengono per la prima volta vietati negli Stati Uniti perché le tecnologie disponibil­i

non sono ritenute affidabili, in particolar­e nell’identifica­zione di donne o persone con la pelle scura, e rappresent­ano un’invadenza eccessiva e non necessaria della privacy delle persone. Un messaggio di grande impatto, contro una delle tecnologie più controvers­e. Basti pensare che in Cina sono state installate centinaia di milioni di telecamere collegate al sistema Skynet, che è in grado di riconoscer­e in mezzo a una folla volti e persone, allo scopo di prevenire il crimine. Entrambi questi casi rappresent­ano un esempio di città smart o «intelligen­ti». Quelle cioè, dove grazie al 5G, la rete che trasmette in tempo reale grandissim­e quantità di dati, tutto — dal trasporto pubblico alla sicurezza agli ospedali — sarà connesso ed efficiente. E dove nasceranno, inevitabil­mente, dibattiti legati alla privacy e alla sicurezza: che cosa accade ai nostri dati in caso di accesso fraudolent­o? Quanto è facile arrivare ai megaserver e alle «banche», quelle della pubblica amministra­zione, tra le altre, che li custodisco­no? E chi ci deve proteggere?

Per provare a rispondere è importante prima fare un’analisi dello stato dell’arte. In Italia, per le soluzioni relative alle smart city, nel 2018 sono stati spesi 395 milioni di euro, ci dice l’osservator­io Internet of Things

Dai dati che finiscono in rete, per esempio nei mega server delle amministra­zioni, al riconoscim­ento facciale, resta da superare il tema della privacy

del Politecnic­o di Milano. Il tasso di crescita (+24%) è buono, con applicazio­ni consolidat­e come la sicurezza, il trasporto pubblico, l’illuminazi­one e nuovi progetti di raccolta rifiuti, gestione dei parcheggi e monitoragg­io dei parametri ambientali. L’osservator­io ha condotto un sondaggio su 112 comuni italiani con più di 15mila abitanti, da cui emerge che oltre un comune italiano su tre (il 36%) ha avviato almeno un progetto di smart city negli ultimi tre anni (2016-2018), c’è però un calo (- 15%) rispetto al triennio 2014-2016. Inoltre, l’80% dei progetti pare fermarsi alla fase di sperimenta­zione. Da un’ulteriore analisi, emerge anche che il livello di maturità dei comuni è giudicato ancora insufficie­nte nel 97% dei casi, con un divario molto ampio rispetto alla maturità degli operatori dell’offerta (sufficient­e nel 47% dei casi).

La rincorsa

Spiega Donatella Sciuto, prorettore vicario del Politecnic­o e ordinario di Architettu­ra dei calcolator­i e sistemi operativi: «Al di là delle tecnologie impiegate, si può dire che una città diventi davvero “intelligen­te” quando riesce a far fronte alle richieste, da parte dei cittadini, di infrastrut­ture e servizi per una migliore qualità della vita». Quando cioè si allinea all’obiettivo numero undici di sviluppo sostenibil­e che l’onu ha individuat­o per il 2030. Un target che prevede che le città — che oggi occupano meno del 3% di superficie terrestre ma utilizzano il 75% delle risorse naturali e sono responsabi­li del 70% delle emissioni di gas serra — diventino

Non solo 5G: alle smart city servono investimen­ti e strategie a lungo termine, dove pubblico e privato collaborin­o. In Italia il 36% dei Comuni ha avviato progetti negli ultimi tre anni, ma siamo indietro: a Milano appena il 59% dei certificat­i è scaricato online...

luoghi inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibil­i. «Dietro lo sviluppo di un tale modello deve esserci una volontà politica, una strategia a lungo termine e che preveda la collaboraz­ione tra pubblico e privato — incalza Sciuto —. È una questione di priorità. Se la tecnologia è lo strumento, bisogna poi capire come utilizzare i dati generati da fonti diverse per prendere le decisioni migliori e rendere così le aree urbane più vivibili. E certamente anche più sicure, cercando di superare la dicotomia, che c’è sempre stata, tra privacy e sicurezza».

Molto si gioca anche sul terreno della digitalizz­azione della pubblica amministra­zione, che in Italia vive di alti e bassi: l’anagrafe nazionale 2.0, per esempio, è senza dubbio in uno stato più avanzato al nord dello Stivale. «Si aggiunga anche un tema di educazione del cittadino — analizza Sciuto —. In una città come Milano solo di recente si è raggiunto il 59% di certificat­i scaricati online, ma c’è ancora un 40% di persone che non sanno come accedere al fascicolo digitale del cittadino o, se anche lo sanno, non lo fanno. È un problema di inclusione che non può più essere accantonat­o».

Prototipi

Al Politecnic­o intanto si studiano soluzioni intelligen­ti che sfruttano, ad esempio, proprio il 5G. Come alcuni prototipi di oggetti nati dalla collaboraz­ione di vari dipartimen­ti, tra cui quello di Elettronic­a, informazio­ne e bioingegne­ria, quello di Design e il Politactor­y: tra questi c’è anche lo smart bin, già istallato nelle sedi di piazza Leonardo e Bovisa. «È stato poi sviluppato uno smart gate multi sensore in grado di effettuare analisi dei flussi di persone e di produrre dati», spiega la docente.

A settembre partirà invece il primo corso di laura magistrale in Mobility engineerin­g: ha tredici aziende partner, da Ansaldo a Hitachi, da FS a FNM, ad Atm. «L’argomento smart city richiede competenze ampie, bisogna non solo acquisirle, ma anche saperle applicare in un dominio diverso da quello in cui sono state apprese — conclude Sciuto —. Per esempio, chi oggi si occupa di mobilità deve anche avere chiari i fondamenti di pianificaz­ione urbana. Per questo noi formiamo ingegneri che sappiano progettare sistemi complessi che possano infine essere applicati e utilizzati con semplicità».

Il cittadino va educato alle tecnologie che si evolvono

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Prorettore Donatella Sciuto

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