Ferrari, il formaggio con il socio (francese)
L’azienda lodigiana del Parmigiano e del Grana padano porzionati e grattugiati sbarca in Cina e punta al raddoppio dell’export. La spinta viene dal socio d’oltralpe, la Savencia (ex Bongrain) del Caprice des Dieux. Salito al 49 per cento
Si definisce «una formaggiaia», ma il termine non le rende giustizia e probabilmente lo sa. Laura Ferrari, completo Jil Sander blu, laurea in Giurisprudenza, appassionata d’arte contemporanea, è presidente della Ferrari, azienda casearia lodigiana: quella del Gran Mix, il formaggio grattugiato in busta, e dei formaggi porzionati. «Mio padre aveva abolito le grattugie in cucina», ricorda. Perché Giovanni Ferrari, 91 anni, ora presidente onorario, voleva che tutti in casa usassero il suo formaggio già grattugiato. Nata nel 1823, l’azienda nell’ultimo anno ha svoltato rafforzandosi sul Parmigiano reggiano di qualità (ma continua a produrre anche il Grana Padano). Ha rilevato due caseifici in Val di Taro per fare il Parmigiano di montagna, vanta per fornitore esclusivo Ancellotti, premiato nel 2018 Migliore allevamento in Italia per il benessere animale nel Parmigiano reggiano. E ora punta sulla Cina.
L’accordo
È dei giorni scorsi la firma di un accordo per l’esportazione del Parmigiano là dove il consumo di formaggio è ancora scarso e il rivale è Parmareggio. I primi ordini dovrebbero partire questa settimana, da Shanghai per tutto il Paese. I mercati forti restano comunque europei, Germania, dove Ferrari è leader con il 10% dichiarato nei formaggi italiani duri, e Francia. L’obiettivo è raddoppiare le esportazioni in tre-cinque anni e rafforzare i prodotti a marchio Ferrari riducendo le marche private (il private label). Il fatturato 2018 è stato di 121,4 milioni, in leggero calo dal 2017 (-1,58%), ma con un‘impennata dell’export, +8,34%, che oggi copre il 18% del giro d’affari, cioè 21 milioni di euro: dovrà arrivare a 42. Il reddito operativo è salito del 12% a 1,6 milioni e i debiti netti risultano scesi da 46,9 a 40,7 milioni. L’obiettivo è aumentare nei tre-cinque anni il giro d’affari del 4-5% l’anno. Lavorando anche su Belgio, Cile, India. E sull’italia, certo. Dove il consumo di formaggio grattugiato cresce: +3,2% in aprile rispetto all’aprile 2018. Dietro il cambio di rotta c’è l’arrivo dell’amministratore delegato Massimo Estrinelli, a gennaio 2018, che ricopriva lo stesso ruolo nelle Fattorie Osella (era managing director di Mondelez International). E, soprattutto, la crescita nell’azionariato del socio. Francese.
Il 49% della Ferrari Formaggi — che ha sede a Ossago Lodigiano uno stabilimento anche a Fontevivo (Parma), 180 dipendenti diretti e distribuisce anche l’emmentaler — fa capo infatti dallo scorso anno a Savencia, l’ex Bongrain, il gruppo del Caprice des Dieux e del Camoscio d’oro. Il resto è della famiglia Ferrari, cioè Laura e le due sorelle, Claudia e Silvia, espresse nel marchio dalle tre margherite. Con il partner francese l’accordo è chiaro: distribuisce i formaggi Ferrari in Francia e nei suoi altri mercati, Ferrari fa lo stesso con il Caprice e gli altri prodotti Savencia in Italia. «Funziona», dice Laura Ferrari. Tanto che Savencia è salita dal 27% che aveva nel 2010 (come Bongrain, allora) al 49%. «La famiglia ha voluto tenere la maggioranza — dice Laura Ferrari —. Ma nel gruppo ci sono tre marchi globali: Milkana, Caprice des Dieux e il nostro Giovanni Ferrari, che diventa un marchio strategico e mondiale di Savencia. Il nostro non è un progetto finanziario, ma industriale. E lo abbiamo fatto non con un fondo, ma con il gruppo Savencia. Che vede nell’italianità un forte motore di crescita per il gruppo».
Nel consiglio d’amministrazione sono alla pari, tre poltrone ai francesi e tre alla famiglia. C’è Jean-paul Torris in persona, l’amministratore delegato di Savencia, più altri due manager si d’oltralpe, Antoine Autran e Pierre Lavergne. E per la famiglia le tre sorelle.
Proprio Savencia aprirà a Ferrari le porte della Cina, con la sua società per il mercato cinese Sinodis. Un esempio di come si possa collaborare, senza scalate. Per questo probabilmente la posizione è morbida sull’acquisizione da parte della francese Lactalis della Nuova Castelli, esportatore di Parmigiano reggiano, storia che ha fatto rumore.
«L’importante è che un’azienda venga gestita bene, al di là della nazionalità del proprietario», dice Estrinelli. E l’idea è comunque che sul Parmigiano reggiano, governato da un disciplinare che obbliga la produzione in Italia, ci sono 350 caseifici di cui la maggior parte cooperative di agricoltori. Una filiera organizzata con controllo totale del prodotto.
Questa settimana i primi ordini da Shanghai. Il gruppo è già leader di mercato in Germania È una partnership che funziona. Noi distribuiamo i loro prodotti in Italia, loro i nostri sui mercati che presidiano. Nel board c’è il loro ceo Jean-paul Torris
La campagna tv
Poco scandalo, insomma, se i francesi rilevano un caseificio italiano. E anzi, con i francesi si possono fare affari, guadagnandoci entrambi. Parte in luglio in Francia una lunga campagna televisiva sui formaggi a marchio Giovanni Ferrari, ridisegnato per l’estero. «L’obiettivo è triplicare i volumi in Francia», dice Estrinelli.
Fra le 70 mila forme di Parmigiano e Grana padano tenute a stagionare a Ossago Lodigiano, Laura Ferrari sottolinea l’impegno per la sostenibilità ed Estrinelli ribadisce che «nel piano strategico 2019-2021 l’obiettivo concordato è la crescita del marchio italiano». «Abbiamo scelto di cambiare per questo — dice Ferrari —. Io da amministratore delegato sono diventata presidente e le mie sorelle di restare nel board ma non lavorare più operativamente. È una partnership che ha funzionato». E la
Borsa non è all’orizzonte.